Dato l’aumento della pratica del sexting, i ricercatori si domandano: in che modo questo e la salute mentale si influenzano a vicenda?
Sexting: quando il mondo virtuale incontra la sessualità
Frequentemente si discute dell’impatto sociale degli smartphone sulle nuove generazioni; negli ultimi anni, la letteratura ha preso quindi in analisi l’argomento al fine di identificarne rischi e risorse e, a partire da ciò, è stata definita una nuova “pratica sessuale”: il sexting. Il termine sexting proposto dal Daily Telegraph nel 2005 è il risultato dell’unione tra le parole “sex”, quindi “sesso” e “texting” ossia quello che oggi informalmente definiamo “messaggiare”. È un fenomeno che consiste in interazioni virtuali a contenuto sessuale, sotto forma di messaggi e immagini; tuttavia è importante sottolineare che questa non è una descrizione formale, in quanto al momento non esiste una definizione universalmente riconosciuta dalla comunità scientifica. I ricercatori non hanno ancora raggiunto un accordo in merito al ruolo della coercizione e alla natura dei contenuti: si può parlare di sexting se praticato consensualmente? Si tratta di sexting se sono assenti le immagini? L’abuso è intrinseco nella definizione stessa o può esistere una forma di sexting piacevole per le persone coinvolte?
Il sexting può avere delle vittime
Nonostante le difficoltà date dall’assenza di una definizione scientifica, numerosi studi hanno indagato il fenomeno. La revisione sistematica di Gassó et al. (2019) ha raccolto e analizzato le ricerche condotte relativamente alla relazione tra il sexting e la salute mentale, e all’associazione di quest’ultima con la vittimizzazione online (o cyber-vittimizzazione). Gli autori concettualizzano quindi la messaggistica a contenuto sessuale come un comportamento a rischio che può avere conseguenze negative, tra cui la cyber-vittimizzazione in termini di revenge porn o abuso sessuale online (Klettke et al., 2014). Nel primo caso si assiste a un ricatto che prevede la diffusione online di contenuti sensibili a sfondo sessuale da parte di coloro che li hanno ricevuti privatamente, che potrebbe inoltre innescare il cyberbullismo. Il secondo riguarda invece la ricezione non consensuale di immagini o messaggi di natura sessuale che può verificarsi da parte di un utente sconosciuto o da un partner virtuale che supera il limite del consenso arrivando a una vera e propria molestia.
I risultati della revisione: sexting, depressione e ansia
La revisione di Gassó et al. (2019) ha raccolto ed esplorato ben 30 studi pubblicati tra il 2012 e il 2019, i quali avevano l’obiettivo di verificare se il sexting può essere associato alle condizioni negative di salute mentale negli adolescenti.
È stato riscontrato che coloro che fanno sexting tendono a riportare sintomi depressivi (Dake et al., 2012; Van Ouytsel et al., 2014; Ybarra & Mitchell, 2014) e sintomi ansiosi, questi ultimi soprattutto da parte di chi pratica il sexting perché sotto pressione (Englander, 2012). Nello specifico, uno studio ha indicato che i sintomi depressivi emergono nel 25% dei partecipanti e quelli ansiosi nel 60% (Chaudhary et al., 2017). Perdipiù, i sintomi depressivi sembrano portare a praticare il sexting (Gámez-Guadix & De Santisteban, 2018). È emerso anche che coloro che fanno sexting sono più inclini a riportare pensieri suicidari, a tentare il suicidio e ad abusare di alcol e altre sostanze (Bauman, 2015; Dake et al., 2012; Döring, 2014). Per quanto riguarda la personalità, il profilo degli individui che praticano il sexting sembra essere caratterizzato da un’elevata estroversione e nevroticismo, da una bassa coscienziosità e amicalità (Gámez-Guadix et al., 2017) e da un’alta ricerca di sensazioni e impulsività (Döring, 2014), mentre il sexting a 16 anni sembra predire lo sviluppo di tratti borderline di personalità all’età di 18 anni (Brinkley et al., 2017).
L’aggravamento della depressione, lo sviluppo dei disturbi d’ansia e la messa in atto o la contemplazione del suicidio possono accadere in caso di cyber-vittimizzazione (Cooper et al., 2016; Dake et al., 2012; Medrano et al., 2018). Depressione, ansia, stress e una bassa autostima possono essere generati anche dalla ricezione di messaggi sessuali indesiderati e dall’invio di messaggi sessuali sotto coercizione (Klettke et al., 2019); le persone di genere femminile, giovani, con bassa ricerca di sensazioni e difficoltà psicologiche pregresse sono coloro che subiscono maggiori danni quando ricevono un messaggio sessuale, sentendosi a disagio o infastidite (Livingstone & Görzig, 2014).
Tuttavia, nonostante i risultati citati finora, la presenza di altri esiti non significativi li rende ancora troppo eterogenei e quindi ancora incongruenti. Tale incongruenza sembra essere dovuta al fatto che gli studi prendono in considerazione definizioni diverse di sexting (ad esempio, non distinguono tra sexting consensuale e non consensuale), misurano diverse variabili psicologiche (sintomi depressivi, tratti di personalità, ecc) e, infine, considerano il sexting a volte come esito di una problematica psicologica e talvolta come potenziale causa di quest’ultima.
La bidirezionalità della relazione: nasce prima il sexting o il malessere mentale?
Nonostante i risultati incongruenti, il lavoro di Gassó et al. (2019) evidenzia un legame tra gli aspetti psicologici e il sexting. Qual è però l’elemento che influenza, e qual è invece quello che viene influenzato? Si può ipotizzare che, nella maggior parte dei casi, si verifichi un’influenza bidirezionale.
Che significa? Analizziamo una situazione concreta. Un adolescente, seppur sofferente di sintomi depressivi, resta comunque un individuo in una fase della vita che gli richiede di scoprire se stesso e il mondo facendo esperienze. Spesso sottrarsi a questa richiesta comporta il “sentirsi indietro” rispetto ai pari. Il problema però, è che i sintomi depressivi spingono l’adolescente al ritiro e all’evitamento. Qui ha origine il conflitto: voglio fare esperienze, in questo caso in ambito sessuale, per sentirmi come tutti gli altri, ma mi vedo troppo inadeguato per espormi a una situazione intima reale. Quindi, ecco un’escamotage: il sexting. In questo modo posso entrare in intimità con una persona, ma rimanendo protetto da uno schermo. Lo schermo mi aiuta a nascondermi, a non far scoprire all’altra persona quanto in verità io potrei apparire inadatto e inesperto, proteggendomi da un eventuale rifiuto.
Dall’altro lato il sexting, specialmente se inteso in maniera coercitiva, incrementa il malessere psicologico: ricevere contenuti a sfondo sessuale indesiderati o venire minacciati di revenge porn diventa un danno in termini depressivi e ansiosi per la persona che lo subisce.
Questi dati sono rilevanti perché portano l’attenzione dei genitori, delle comunità educative e della ricerca scientifica su questa importante tematica, spingendo ad approfondirla ulteriormente, per capirne e prevederne meglio le cause e le conseguenze.
Fonte: State of Mind