di E. Bondi, G. Cerveri, C. Mencacci
La proposta a firma di Emi Bondi (Presidente Società Italiana di Psichiatria), Giancarlo Cerveri (Presidente Coordinamento Nazionale Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), Claudio Mencacci (Co-Presidente Società Italiana di Neuropsicofarmacologia)
Materia di discussione continua è la crisi che il sistema sanitario sta attraversando in tutto il nostro Paese dalle Alpi al Mediterraneo. Proviamo ad affrontare questo ragionamento con alcune riflessioni che riguardano la «salute mentale», per poi poterlo estendere anche a tutte le altre discipline. Perché partire dalla salute mentale? I bisogni di salute mentale sono cresciuti negli ultimi 15 anni, amplificati durante e dopo la pandemia con conseguenze a distanza in particolare su adolescenti, giovani adulti e donne; sono bisogni in parte ancora indefiniti, di fatto una priorità di salute pubblica e se ne sta parlando tantissimo, come non succedeva dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso quando si è poi arrivati all’approvazione della “Legge Orsini-Basaglia”. Esistono poi grandi criticità in questo settore e trovare risposte in questo ambito permetterebbe di immaginare un cambiamento che possa coinvolgere tutto il sistema. Cominciamo con una semplice domanda: cosa ci dobbiamo aspettare per i servizi dedicati alla salute mentale nei prossimi anni? Si scorgono chiaramente e da tempo sono ampiamente segnalate delle grandi criticità che potremmo sommariamente essere raccolte in alcuni punti che sintetizzano una sorta di percorso diagnostico:
1) Garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini. Il tema dei finanziamenti ad un sistema che si sta velocemente spopolando di professionalità soprattutto nelle aree più periferiche. Il Sistema Sanitario si sta trasformando in un insieme di centri di cura disarticolati che forniscono risposte ad un numero di cittadini sempre più ridotto. Si sta andando verso la perdita dell’esigibilità di un diritto costituzionale.
2) Investire sulle persone. Il personale medico, ma anche quello infermieristico è in grave sofferenza. Una enorme sproporzione tra il carico di responsabilità, l’impatto sugli equilibri familiari ed il ritorno in termini di valore personale e di riconoscimento economico produce una sempre più marcata tendenza ad evitare l’impegno professionale nei Servizio Sanitario.
3) Qualità del lavoro. Lavorare nell’urgenza amplifica questi problemi, il lavoro in pronto soccorso espone alla gestione di condizioni estreme. Il rischio di subire violenza, la sensazione di essere abbandonati su una linea di intervento senza tutele, con il rischio di sentirsi accusare dalle proprie Aziende di riferimento quando qualcosa va per il verso storto.
4) Centralità del Servizio Sanitario rispetto ad altri interessi. La perdita del ruolo di coordinamento del servizio pubblico rispetto a coloro che dovrebbero collaborare a migliorare il risultato finale. Il Privato e l’Università a volte sembrano perseguire finalità non coincidenti con la necessità di garantire a tutti risposte di cura adeguate ed appropriate. Siamo però medici e come tali non ci possiamo limitare ad una semplice costatazione diagnostica delle gravi difficoltà in cui si muove il sistema da ormai troppo tempo. Credo sia giunto il momento che i professionisti che lavorano da anni con passione ed impegno personale propongano anche una road map che possa guidare l’opinione pubblica a comprendere come poter ritrovare un servizio centrale per la tenuta sociale del nostro paese, ricordando che insieme ad Istruzione e Ordine Pubblico, la Salute rappresenta uno dei cardini della società come oggi la immaginiamo.
Ecco allora alcune ipotesi di intervento per l’ambito della Salute Mentale che riteniamo, nell’organizzazione della Sanità, prioritarie:
1) Efficienza nell’uso delle risorse. Una programmazione forte deve permettere di indirizzare le risorse attualmente disponibili dove c’è più bisogno evitando fughe iperspecialistiche che finiscono solo per essere estremamente dispendiose e di fatto rivolte a pazienti con bisogni limitati. Il privato e l’Università devono essere coinvolti in un percorso di riorganizzazione delle risorse finalizzato a rimettere al centro la salute dei cittadini.
2) Accessibilità alle cure. È necessario garantire una reale integrazione del Dipartimento di Salute Mentale che possa realizzare percorsi di cura coerenti con i bisogni senza che nessuno rimanga fuori. La Neuropsichiatria Infantile, l’area delle Dipendenze e la Psichiatria devono lavorare insieme in tutti i luoghi della cura dal Pronto Soccorso alle Case di Comunità garantendo percorsi che favoriscano accessibilità ai servizi e continuità delle cure. Deve essere facile chiedere aiuto e continuare a riceverlo nel tempo, qualunque sia la traiettoria della persona se diventa maggiorenne, se peggiora, se cambia l’espressione della sua sofferenza… In tutti i casi il servizio continua a garantire le cure necessarie.
3) Trasparenza nelle azioni. Costruire un sistema di registrazione dei dati chiaro, trasparente e di facile utilizzo che permetta di capire cosa viene fatto e come. Che permetta di fare programmazione (investire di più dove c’è più bisogno) e fare valutazioni d’esito (in quali aree si spendono meglio le risorse e con quale modello).
4) Ridefinizione dei ruoli della Salute Mentale. Favorire una gestione più attenta delle persone autori di reato, sia coloro che sono stati giudicati incapaci di intere e volere sia coloro che, detenuti nelle carceri cominciano o continuano a soffrire di patologie psichiatriche per le quali sono previsti adeguati trattamenti. Trattare con appropriatezza, oltre che con rispetto, le persone più difficili ma al contempo ristabilire con il Ministero della Giustizia la separazione tra cura e custodia.
Questi sono alcuni suggerimenti che ci sentiamo di proporre per la Salute Mentale ben consapevoli che esistono poi delle questioni che attengono all’insoluto rapporto tra livello nazionale e livelli regionali che necessita di essere risolto per poter costruire delle soluzioni realmente efficaci. Questioni che riguardano normative organizzative dei servizi, i rapporti con enti come il Ministero della Giustizia che prevede un’organizzazione nazionale o anche tutto ciò che concerne i contratti di lavoro necessiterebbero di modifiche congruenti con le sfide che il servizio sanitario in salute mentale deve affrontare e che trovano una risposta spesso non completamente soddisfacente in organi come la Conferenza Stato Regione. Speriamo che questo piccolo contributo possa aiutare ad iniziare una riflessione in cui venga coinvolto il personale che nei servizi di salute mentale è coinvolto giornalmente con grande senso di responsabilità.
Lettera firmata da Emi Bondi, Presidente Società Italiana di Psichiatria, Giancarlo Cerveri, Presidente Coordinamento Nazionale Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, Claudio Mencacci Co-Presidente Società Italiana di Neuropsicofarmacologia.
Fonte: Corriere della Sera