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Pur comprendendo la necessità di fare comunque qualcosa davanti allo sfascio del loro settore e pur condividendo lo scopo finale della loro iniziativa, l’appello dei 91 direttori di dipartiento di salute mentale, nella situazione politica data, mi suscita alcuni dubbi e qualche perplessità sia sul piano dell’efficacia sia su quello dell’opportunità politica
Novantuno direttori di dipartimenti di salute mentale hanno rivolto un appello praticamente a tutte le autorità della Repubblica, con il quale denunciano la crisi grave in cui versa la salute mentale e chiedono “risorse urgenti” per poter finanziare un “piano straordinario di assunzioni”, (QS 12 gennaio 2023).
Pur comprendendo la loro necessità di fare comunque qualcosa davanti allo sfascio del loro settore, e pur condividendo lo scopo finale della loro iniziativa, l’appello, nella situazione politica data, mi suscita alcuni dubbi e qualche perplessità sia sul piano dell’efficacia sia su quello dell’opportunità politica.
Dubbi e perplessità
I nostri direttori sembrano infatti ignorare due cose importanti:
- che la ragione vera per la quale la salute mentale si trova da anni in uno stato disperato,
- e che il problema da loro sollevato purtroppo non riguarda solo la salute mentale ma l’intera sanità pubblica ed ha che fare con una precisa scelta politica che non possiamo ignorare al contrario con la quale dobbiamo fare i conti.
ll governo Meloni, giustificato dalla grave crisi economica, dalla guerra e altro, ha deciso sulla sanità di non voltare pagina ma di confermare semplicemente le politiche neoliberiste fatte fino ad ora dai governi soprattutto di sinistra che l’hanno preceduta.
Oggi la destra nel campo della sanità (salute mentale compresa) alle prese con i problemi della sostenibilità fa esattamente quello che ha fatto sino ad ora la sinistra e cioè:
- richiama in servizio i tagli lineari,
- conferma il blocco delle assunzioni,
- colpisce il lavoro riducendolo a costo (de-capitalizzazione) ma solo per spianar la strada alla sua privatizzazione.
Per la sanità, quindi per la salute mentale, che la destra faccia quello che ha sempre fatto la sinistra è come essere in trappola.
Il problema nuovo è come uscire da questa trappola.
Come avere i soldi che ci servono?
L’appello chiede ciò che la salute mentale chiede invano da anni e in tanti modi diversi e a tanti governi diversi.
Sono anni che chiediamo soldi e sono anni che i soldi che ci servirebbero non ci vengono mai dati. Né dalla sinistra e né dalla destra. Bisogna capire “perché”?
Per rispondere a questo “perché” io ho scritto “Oltre la 180” (Castelvecchi 2022) e con il mio amico Fassari abbiamo organizzato su questo giornale un forum molto bello e il cui articolo di chiusura aveva il seguente titolo “La lezione che abbiamo appreso dal nostro Forum sulla 180”, e che a questo punto vi chiedo la cortesia di rileggervi.
La lezione che abbiamo imparato ma che vale per tutta la sanità è che per avere dei soldi oggi l’unica possibilità che abbiamo è offrire al governo dei controvalori che convengano a tutti quindi un progetto di salute mentale ma fortemente legittimato da questa società. Cioè per avere soldi è necessario avere nuove idee e un forte appoggio sociale.
Il vecchio problema: apologia o cambiamento?
La vera questione che l’appello proprio perché è solo un appello trascura è sintetizzabile in una semplice domanda: ho bisogno di soldi oggi cosa devo fare per averli? Quali sono le condizioni per rendere compossibile il diritto e l’economia? Il governo Meloni ha scelto la strada neoliberista dei tagli lineari bloccando le assunzioni quindi a questa domanda non è in grado di rispondere. L’unico progetto che ha è per ragioni di compatibilità economica di farci fuori. Tocca a noi avanzare una contro proposta con la quale dimostriamo che non serve farci fuori perché il diritto e l’economia sono compossibili.
Oggi l’appello configura la salute mentale come qualcuno che non sa nuotare ma cade in mare sperando che qualcuno gli getti un salvagente per non affogare Io temo che a causa delle scelte di fondo del governo Meloni il salvagente non c’è e probabilmente se non cambia la musica non ci sarà mai.
A me sembra che forse sia arrivato il momento di smetterla di aspettare invarianti il salvagente che nessuno ci darà mai e quindi che sia arrivato il momento di imparare a nuotare cioè di dotarci di una strategia e di un consenso sociale e con entrambi negoziare con il governo il nostro futuro.
Il blocco delle assunzioni
L’appello molto concretamente chiede soldi al governo per assumere operatori. Ma il core della questione di cui l’appello però sorprendentemente non parla è che non si possono assumere gli operatori perché il governo Meloni ha riconfermato sostanzialmente il blocco delle assunzioni cioè i tetti. Cioè ha riconfermato la vecchia politica neo-liberista della de-capitalizzazione del lavoro.
Diversamente dall’appello io una analisi sulla logica dei tetti l’ho fatta anche perché mi sarebbe stato impossibile indicare seppur sommariamente una strategia su come superarli.
Ebbene questa analisi l’abbiamo pubblicata proprio su questo giornale appena prima di Natale (QS 22 dicembre 2022). Essa tale e quale vale integralmente per la salute mentale. Per cui invito quanto meno i firmatari dell’appello a leggersela e a rendersi conto che quello che loro chiedono con l’appello rimuovendo la questione della ricapitalizzazione è impossibile ottenerlo.
Essere fuori moda. Il problema del consenso
Ho il sospetto che per il governo la salute mentale per tante ragioni non sia prioritaria anzi che sia addirittura fuori moda. In sanità a volte accade che certi servizi siano di moda attirando le attenzioni dei nostri amministratori e finire fuori moda cadendo nella loro più totale indifferenza.
Già è successo ad esempio con le tossicodipendenze, con l’aids con i distretti e probabilmente ora accadrà con i reparti covid. Qualcosa di analogo è successo quando si è deciso di fare la guerra all’ospedale e di santificare il territorio. Per non dimenticare la lezione del PNRR. Perché mai nel PNRR si è deciso di negare la realtà disastrata della salute mentale? Eppure il PNRR è stato fatto da un ministro di sinistra amico della salute mentale.
Oltre a definire una strategia abbiamo bisogno di “tornare di moda” cioè di ricostruire una attenzione sulla salute mentale e quindi di costruire un forte consenso sociale.
Nell’articolo di chiusura del forum prima citato l’articolo si conclude ponendo due fondamentali problemi politici:
- quello della delegittimazione perché è innegabile che la salute mentale a forza di magagne di apologie di invarianze di contraddizioni di ritardi di sottofinanziamenti ha una crisi secondo me importante di legittimazione sociale;
- quello della ricostruzione del potere contrattuale perduto perché se sei socialmente delegittimato puoi scrivere tutti gli appelli che vuoi ma i soldi che ti servirebbero per salvare la baracca non li avrai mai.
Ultimi dubbi
I tetti alle assunzioni prima di tutto non sono solo un problema di chi lavora, ma sono prima di tutto un problema per i cittadini. I tetti non servono “prima facie” a ridurre i costi del lavoro ma a ridurre i costi del diritto. La scelta di mantenere i tetti equivale alla scelta di colpire il pubblico per favorire il privato. Questa scelta per me da un punto di vista politico è molto più grave della decisione di sottofinanziare la sanità perché con i tagli lineari si colpisce i l sistema ma con i tetti si colpiscono al cuore i diritti delle persone.
Se questo è vero mi chiedo: perché mai nell’appello non sono stati coinvolti i cittadini i familiari la società.
La battaglia da fare per me deve essere per il diritto compossibile e quindi va fatta con i cittadini i soldi per assumere le persone ci servono per finanziare il diritto. Ma se il diritto alla salute mentale non è posto al centro della battaglia mi spiegate perché il governo con tutte le grane che ha dovrebbe sbloccare le assunzioni e rinunciare ai tagli lineari?
Ancora una ultima perplessità: l’appello è stato firmato solo da circa la metà dei primari responsabili perché l’altra metà non l’ha firmato? Trovo che un appello del genere per essere massimamente credibile dovrebbe essere unanime o quasi unanime cioè firmato almeno dalla maggioranza dei direttori dipartimentali del paese. Che non lo sia è un segno chiaro che qualcosa non va, cioè che l’unità del settore non è così scontata.
Siamo sicuri che questo per noi non sia un problema di cui preoccuparci?
Conclusione
Ebbene se fossimo più forti e se avessimo una proposta strategica con la quale confrontarci con il governo, non dovremmo fare appelli ma dare corpo ad una vera mobilitazione sociale. Cioè agire contro il governo un conflitto sociale. Ho paura che se davvero vogliamo i soldi che ci servono oggi non ci sia altra strada.
Fonte: quotidiano sanità