In un documento il Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale punta il dito verso la delibera del Csm in quanto “mina alla base le possibilità di cura in favore di un esplicitato mandato custodiale”. Inoltre, puntualizza è stata adottata “senza un ampio processo di consultazione e visite alle diverse strutture e dipartimenti di salute mentale”.
“Esprimiamo forti critiche sull’impianto complessivo della delibera del Consiglio Superiore della Magistratura volta a riportare la gestione e la responsabilità della REMS nell’ambito della giustizia, riducendo la psichiatria a mera esecutrice di indicazioni securitarie. Un impianto che a nostro avviso mina alla base le possibilità di cura in favore di un esplicitato mandato custodiale. La creazione di REMS ad alta sicurezza e nazionali o macroregionali crea un vallo profondo rispetto ai servizi territoriali, che renderà ancor più difficili i programmi di dimissione e di reinserimento sociale”.
È quanto scrivono in un documento il Presidente Fabrizio Starace, il vicepresidente Giuseppe Ducci e il segretario Federico Durbano, del Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale. Il documento analizza la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura sulle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (R.E.M.S. – Documento Finale del 12 novembre 2024) che si distanzia fortemente dalle due precedenti del 19 aprile 2017 e del 24 settembre 2018, le quali prevedevano la necessità di protocolli di collaborazione tra sanità e giustizia, alla base dello sviluppo di prassi ancora non generalizzate ma in molte realtà “assai proficue”.
Per il Cndsm, la delibera è stata adottata “senza un ampio processo di consultazione e visite alle diverse strutture e dipartimenti di salute mentale”. L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), ricorda il Collegio è stato sostituito dal sistema di welfare di comunità, sociale e sanitario di cui sono parte i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) al cui interno operano le Rems i cui modelli normati dal Decreto del Ministero della Salute del 2011, hanno assunto “configurazioni diverse in relazione al DSM e alla Regione ove si sono sviluppati”. Pertanto, si evidenzia nel documento, “l’analisi del loro funzionamento deve essere contestuale a quella del sistema territoriale di riferimento, aziendale e regionale. Lo stesso vale per le azioni di potenziamento o rimodulazione, che hanno senso nella misura in cui sono contestuali e sinergiche”.
Una considerazione conclusiva, scrive poi il Cnds, va al “grande assente” della delibera del Csm: il personale sanitario, gli psichiatri, gli psicologi e tutti gli operatori che già oggi garantiscono la “tenuta” delle REMS in assenza di incentivi specifici.
“I professionisti – sottolineano i presidenti – hanno bisogno di adeguate retribuzioni, di formazione permanente e soprattutto di sicurezza, compresa quella di non dover rispondere della “posizione di garanzia” che andrebbe sostituita dal “privilegio terapeutico”. In questo senso si potrebbe recuperare la proposta di un coinvolgimento diretto del Ministero di Giustizia nella gestione delle REMS: non tanto come ente sovraordinato cui la sanità deve passivamente rispondere ma come ente di regia dei flussi e garante della sicurezza dei luoghi in cui vengono svolte attività sanitarie connesse ai percorsi di giustizia. In tema di collaborazione interistituzionale si potrebbe valutare il coinvolgimento delle forze dell’ordine (e della stessa polizia penitenziaria) in sostituzione dei servizi di vigilanza privata pagati dai DSM”.
Fonte: Quotidiano Sanità