Giuseppe Impastato, detto Peppino, nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia legata a Cosa nostra: il padre Luigi (1905-1977) era stato inviato al confino durante il periodo fascista per la sua appartenenza alla mafia, lo zio e gli altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una Alfa Romeo Giulietta riempita di tritolo. La madre Felicia Bartolotta (1916-2004), casalinga figlia di un impiegato comunale di Cinisi, aveva cercato di evitare il matrimonio quando aveva scoperto i rapporti di Luigi con la mafia. Peppino era il primogenito ed ebbe due fratelli minori entrambi di nome Giovanni, il primo nato nel 1949 e morto di meningite nel 1952 all’età di soli 3 anni, il secondo nato nel 1953.
Il ragazzo ruppe presto i rapporti con il padre, che lo cacciò di casa, e avviò un’attività politico-culturale di sinistra e antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino L’idea socialista e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipò, con il ruolo di dirigente, alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua. Condusse le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1976 costituì il gruppo Musica e cultura, che svolgeva attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fondò Radio Aut, radio libera autofinanziata,con cui denunciò i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo di Gaetano Badalamenti (chiamato sarcasticamente «Tano Seduto» da Peppino), successore di suo zio Cesare Manzella come capomafia locale, che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica in cui Peppino derideva mafiosi e politici.
Nonostante le minacce e le continue pressioni della comunità locale, nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l’esito delle votazioni perché venne assassinato a campagna elettorale ancora in corso, la notte del 9 maggio, su commissione di Badalamenti, venendo colpito a morte o tramortito con un grosso sasso (che venne rinvenuto a pochi metri di distanza, ancora sporco di sangue) e tentando di far apparire la sua morte come dovuta ad un attentato fallito o a un suicidio, per distruggerne anche l’immagine, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. La lista di Democrazia Proletaria ottenne 260 voti e un seggio; gli elettori votarono comunque, simbolicamente, per il defunto Peppino, che addirittura risultò il candidato più votato con 199 preferenze, con il suo seggio che andò ad Antonino La Fata.
L’ultimo comizio di Impastato, il 7 maggio 1978
Stampa, forze dell’ordine e magistratura inizialmente sostennero che Peppino stesse architettando un attentato nel quale lui stesso sarebbe rimasto ucciso, poi iniziarono a parlare di suicidio dopo la scoperta di una lettera in casa della zia, che in realtà non rivelava propositi suicidi. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò inizialmente inosservato, poiché nella stessa giornata, una decina di ore dopo, venne ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse, in via Caetani a Roma.
L’epitaffio inciso sulla tomba di Peppino a Cinisi recita così: “Rivoluzionario e militante comunista – Assassinato dalla mafia democristiana.”
Fonte: Wikipedia