Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi, Torino 2021
Di Federico Russo, Psichiatra, Dir. ff. UOC 2° Distretto ASL Roma 1
Molte cose mi attraversano mentre leggo il libro di Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi 2021. È la prima volta che trovo descritte le storie più intime che ho vissuto in 35 anni di psichiatria. E le trovo raccontate bene, con una narrazione raffinata, fluida, sorprendente. È bravo Milone a tenere il ritmo e l’attenzione del lettore, lo impegna con la poesia e lo sostiene con il racconto breve. Lo seguo volentieri tra i vicoli e le storie che odorano di Fabrizio De Andre’. Mi porta, metà spettatore e metà attore, a rivivere domiciliari, 118, tso, caffè, madri, cani, gatti, puzze terribili, macerie, fallimenti, guarigioni fenomenali. Devo interrompere ogni tanto per quanto è forte il deja vu. E devo interrompere, anche per pensare. Perché sedotto dalle storie, dai glicini, dalle emozioni, rischio di fare mio tutto che gli corrisponde. Bravo, riflessivo, sornione, appassionato, guarda sempre e solo sé stesso, riduce con la sua penna-bisturi la psichiatria a processo, dove chi cerca di capire e trovare un senso nella psicosi pare un illuso, se va bene, un cretino o un ideologo, se va di lusso.
Ma certo che l’invidia mi riguarda. Milone ha l’arte dalla sua, io no. Milone è cazzuto e coraggioso, anche quando si fa scappare i pazienti, io sempre dubbioso, pronto a contraddirmi e cambiare idea. Milone piace agli infermieri che “risolvono problemi”, io mi metto in ascolto, scelgo la cautela all’assalto. Lui può sentenziare in versi e affascinati lo ascoltano, e forse lo credono, migliaia di lettori. È un pioniere, un nuovo Tobino che riesce a dare luce ad una psichiatria buia, fatta di categorie, i suoi euforici, depressi, schizofrenici, fatta di farmaci, resi eroici dai colori, la consistenza, le somministrazioni, fatta di fascette di contenzione che si contrappongono all’abbandono dei pazienti. Tutto diventa luminoso, poetico, seducente. Ma a chi cerca le risposte insieme ai suoi pazienti, senza pensare già di averle, fa paura. Nella sua ultima paginetta, un po’ legenda, un po’ epilogo, un po’ giustificazione, vedo un autore interessante, con cui farei volentieri un giro in bicicletta, e che forse, se avessi avuto la sfortuna di dovere condividere con lui il lavoro in un spdc, avrei perfino finito per amare. Proprio per questo, ancora di più, la psichiatria secondo Milone mi fa paura.
Fonte: Vasodipandora