È un’iniziativa nata in Danimarca per combattere i pregiudizi, raccontati da chi normalmente li subisce
Esiste un particolare tipo di biblioteca dove anziché prendere in prestito un libro ci si può far raccontare da una persona la sua storia: è la Human Library, la “biblioteca umana” o “biblioteca vivente”, un’iniziativa nata in Danimarca nel 2000 e da allora diffusa in moltissimi paesi. L’idea è far conoscere le storie di persone che appartengono a categorie più o meno emarginate o subiscono discriminazioni di qualche tipo, per far superare i pregiudizi che potrebbero avere nei loro confronti. Un evento della Human Library è uno spazio aperto in cui ciascun lettore o lettrice è invitato a instaurare un dialogo aperto con il proprio libro “umano”, ovvero una persona disposta, su base volontaria, a raccontare la propria storia e a rispondere alle domande di chi la ascolta.
La Human Library infatti non è un luogo fisico: durante un evento, che può essere organizzato in una biblioteca o anche in altri spazi come per esempio un parco, i lettori scelgono una persona con cui conversare mezzora da un catalogo dei “libri” disponibili. Ognuna di queste persone è identificata da un titolo corto e descrittivo, per esempio “Transgender”, “Ex alcolista”, “Vittima di violenze sessuali” o “Persona con grave disabilità”, proprio come se fosse un libro; ciascuna rappresenta un gruppo sociale che è oggetto di preconcetti o discriminazioni per via della sua identità di genere, delle sue esperienze di vita o della sua religione, ma anche per il suo aspetto fisico, per la sua nazionalità o per il suo stile di vita.
Lettrici e lettori sono invitati a fare le domande più scomode o imbarazzanti proprio per superare i propri pregiudizi: per usare il motto della Human Library, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di “unjudge someone”, ovvero smettere di giudicare qualcuno.
Uno dei “libri viventi” della biblioteca umana a Lima, in Perù, è Samantha Braxton, crossdresser e attivista per i diritti delle comunità LGBT+, il cui titolo per così dire è “Transformista”. Il crossdressing è l’atto di utilizzare gestualità e abiti opposti a quelli tradizionalmente attribuiti al proprio sesso biologico, ma non è collegato per forza a una diversa identità di genere o a un diverso orientamento sessuale: tra i lettori di Braxton, spiega il sito della Human Library, ci sono comunque molte persone che spesso non hanno ancora parlato apertamente della propria omosessualità e cercano consigli o spunti a partire dalla sua esperienza.
C’è poi un insegnante di 29 anni che si chiama Christian (il suo cognome non è specificato), si descrive come «un grande nerd» e, ha spiegato a BBC Mundo, soffre di schizofrenia, ed è convinto di essere costantemente spiato. Christian spera che la libreria umana aiuti a «eliminare i pregiudizi su certi temi su cui credo debbano essere rimossi».
La Human Library fu fondata nel 2000 dal danese Ronni Abergel. Insieme al fratello e ad alcuni amici ebbe l’idea di radunare un gruppo di volontari che raccontassero le proprie storie e rispondessero alle domande dei curiosi durante un festival musicale. Ebbe subito un riscontro «incredibile» e in poco tempo la biblioteca raccolse «più di 50 libri diversi sui propri scaffali», ha raccontato a BBC Mundo.
All’inizio la biblioteca era un passatempo, ma nel 2013 Abergel cominciò a dedicarcisi a tempo pieno, esportando il modello in più di 80 paesi, tra cui Norvegia, Portogallo, Australia e Singapore. In questi anni la biblioteca ha organizzato eventi anche in Italia, per esempio a Torino, a Firenze e a Verona, e ne ha ispirati altri del tutto simili in molte città, compresa Milano. Dall’anno scorso a Copenaghen, la capitale danese, c’è anche un giardino di lettura dedicato dove lavorano alcune persone che aiutano a trovare i “libri” disponibili e a organizzare gli incontri.
In un’intervista a BBC Abergel ha detto che di solito nessuno ha tempo di fermarsi a parlare con le persone che non conosce per capire chi siano e per questo si tende «a infilarle in certe caselle, basando molti dei propri giudizi e pregiudizi sull’istinto anziché sulla conoscenza». L’invito della biblioteca umana è entrare in contatto con quelle con cui normalmente non si ha niente a che fare, che mettono a disagio, preoccupano o imbarazzano chi non sa nulla di loro, per ascoltare le loro storie e scoprire qualcosa di nuovo. In questo modo «si impara moltissimo non solo sulle altre persone, ma anche su di sé», ha detto Abergel.
Generalmente le lettrici e i lettori sembrano soddisfatti dall’esperienza: secondo uno studio di una società esterna svolto dopo una serie di eventi organizzati con i dipendenti della società assicurativa Zurich, le storie dei “libri viventi” hanno «un impatto profondo» su chi le ascolta, ha aggiunto Abergel. È poco probabile che un’esperienza di questo tipo cambi le opinioni più radicate, però può essere utile per mantenere una mente più aperta, ha concluso. Uno dei progetti per il futuro è sviluppare un’app attraverso cui le persone possano registrarsi e richiedere la lettura di un libro “vivente” online.
Fonte: il POST