Il rapporto tra lavoro e salute mentale nella Notte del #LavoroNarrato 2023

foto di Daniel Öberg su Unsplash
di Laura Ressa

Torna la Notte del Lavoro Narrato. Il 2023 segna il decimo anno di età di questa iniziativa ideata da Vincenzo Moretti e di cui sposo da qualche anno gli obiettivi.
Quest’anno partecipo portando il tema “Lavoro e salute mentale” e cercando di capire quale ruolo abbia oggi il benessere psicologico nei luoghi di lavoro.

SALUTE MENTALE O BENESSERE PSICOLOGICO?

Trattare l’argomento della salute mentale non è semplice. Spesso si preferisce fare riferimento al benessere mentale o psicologico, termini più edulcorati perché “i matti” hanno sempre fatto paura nella storia dell’uomo. Guardando il tema sotto la lente lavorativa, possiamo ben immaginare quanto possa essere difficile conciliare lavoro e benessere psicologico, soprattutto in una società che ci vuole tutti apparentemente perfetti e altamente performanti e in cui il disagio psichico va taciuto, nascosto, soffocato.
Il rischio quando se ne parla è infatti quello di non essere creduti, non essere compresi o, peggio, che questo malessere venga usato proprio contro di noi per screditarci come lavoratori e come persone.

Cosa può vuol dire affrontare il disagio psichico in ambito lavorativo? Quanto stigma persiste ancora oggi? Quanto coraggio serve per saper guardare ai propri personali disagi e come possiamo comportarci nei confronti di chi accanto a noi affronta una situazione di disagio?

Le nostre saranno riflessioni a cui vorrei che partecipaste tutti. Perché ognuno può aver vissuto direttamente o indirettamente un malessere, una difficoltà che, seppur non sempre etichettabile come “disagio psichico”, in qualche modo ci ha messo di fronte a quel concetto di “anormalità” tanto caro a chi vorrebbe che gli esseri umani fossero automi senza debolezze.

 DEBOLEZZA, DISAGIO E LA SOCIETÀ DI “SANI” IN CUI VIVIAMO: QUALI SONO I VERI “MATTI”?

E proprio la debolezza sarà un altro argomento cardine di questa Notte.

Si può fare un gran parlare di debolezza come risorsa da cui ripartire e da cui risorgere a nuova vita, ma – diciamoci la verità – questo è vero solo nei romanzi o nelle belle parole commosse degli articoli che vogliono trattare temi “sensibili” per avere qualche click in più.
La verità è un’altra ed è ben diversa da quel che si racconta: le debolezze in questo mondo sono calpestate. Il debole oggi è la persona senza lavoro e senza averi, il malato che non può accedere alle cure o che viene abbandonato nelle corsie degli ospedali, l’indigente senza più casa né futuro, l’analfabeta che non ha nessuno a cui rivolgersi per un aiuto o per sbrigare semplici pratiche burocratiche, il giovane abbandonato a se stesso, chi non ha altro a cui rivolgersi se non le droghe. Il debole è il reietto, quello che va dimenticato, e chi se ne importa se perisce perché “se l’è meritato”.
Questa è la realtà. E in una società quasi totalmente cieca di fronte alle miserie umane (laddove le vere miserie sono invece l’ipocrisia e la falsità), in questa categoria di reietti rientra anche il malato di mente, lo “spostato”, il “matto”. Rientra anche chi potrebbe essere felice con poco eppure, a causa di cattive abitudini di vita o traumi subiti, si ritrova ad autoinfliggersi la pena peggiore: il male che nessuno vede, che nessuno sente. Quel male che, al massimo, se riesce a fare rumore dà fastidio al prossimo e va soffocato, imbellettato con la cipria e richiuso a doppia mandata nell’ultimo cassetto in fondo.

Quali accessi ci sono alle cure? Quanto costano queste cure? E soprattutto: le vere cure sono solo farmacologiche o esiste qualcosa di infinitamente malato nella società dei “sani” che impedisce che la serenità e le possibilità di una vita degna siano equamente distribuite fra tutti gli individui?

Penso che i cosiddetti “sani” siano in realtà i veri pazzi da curare. Parlo di chi volta le spalle al prossimo, di chi rincorre il denaro o il successo effimero, di chi calpesta i corpi che lo separano dall’affermazione di sé, di chi non riconosce il merito, di chi vede il bello negli altri e ne è infastidito al punto tale da voler annientare quella bellezza. Ecco, per me i veri matti, quelli che non hanno capito nulla della bellezza della vita, sono tra le fila di quelli che consideriamo “sani”, “furbi”, “affermati”. Quelli che hanno fatto la scalata sociale, quelli che non hanno meriti né capacità e che vivono di rendita da bravi parassiti.

E dunque da dove provengono i mali della mente? Io credo che la nostra società sia disposta a premiare solo i non meritevoli, chi ha tirato dritto per la propria strada senza porgere la propria mano a chi, intorno, nel mentre cadeva. Il danno peggiore è che il mito tanto osannato del “tirare dritto senza esitazione e senza guardarsi indietro” (ma nemmeno al lato) sia visto quasi come un mantra, un qualcosa di ammirevole, un comportamento sano e desiderabile. E c’è gente – ne avrete incontrata tanta anche voi – che addirittura vi racconta con ardore di quanto abbia calpestato tutti per ottenere la propria fetta di torta, per soddisfare le proprie ambizioni, spesso mettendo in secondo piano affetti, amicizie e relazioni reali.

Mi chiedo ancora una volta, dunque, se non siano proprio loro i pazzi. Mi chiedo se questi individui si rendano conto che la vita non è la somma dei loro privilegi e di quegli effimeri sensi di efficacia multipli che ricercano come fossero dosi di droga. Mi chiedo, in ultimo, se queste persone sappiano che raggiungere certe “mete” di vita – così come loro le intendono nel gioco al rialzo degli allori e la ribasso dei valori – li porti a perdere totalmente di vista il senso di quella vita, il sé, le relazioni umane che contano, che poi sono quelle che non conoscono interessi e favoritismi.

E allora chi sono i pazzi? Torno a chiedermelo spesso, perché io sono certa che i non normali siano quelli che il mondo considera “normali”.

La devianza destabilizza perché si presuppone che ogni individuo debba essere una copia socialmente accettabile di tutti gli altri individui, una serie di corpi e volti distribuiti con lo stampino. Non credo alla massima “il mondo è bello perché è vario”, perché alla bellezza della varietà sono rimasti davvero in pochi a crederci.

 LE NOSTRE FOGLIE GIALLE: UN PARALLELISMO CON IL MONDO DELLE PIANTE

Quando un essere vivente ha bisogno di cure, siamo abituati a rendercene conto osservandolo. Come in questa pianta piena di foglie gialle.
La vista, quello che possiamo chiaramente osservare, ha il sopravvento quando vogliamo capire la presenza di un “malessere” o vogliamo avere percezione di un male.
Ogni organismo trova il suo modo di comunicare, spesso con il colore o con la forma. Se l’essere in questione è dotato di parola o può emettere suoni, trova anche altri canali per far presente il proprio male. In quel caso si tratta di segnali uditivi a cui però non sempre si presta attenzione o non sempre si sa trovare la traduzione e il vero significato. Ad esempio: cosa vorrà dire un animale con i propri versi? Ci accorgiamo davvero se sta male da cambiamenti del comportamento, da cambiamenti nell’aspetto o da reazioni dell’organismo evidenti. Sperando sempre che in quei casi, quando cioè il male si manifesta in modo eclatante, non sia troppo tardi per agire e curare.

Esistono mali che vedi da una TAC, da un’analisi del sangue, da dati certi scritti su un foglio. Inconfutabili rilevazioni che portano a diagnosi chiarissime. Certo, ammesso che gli esami siano stati eseguiti in modo corretto (ma questa è un’altra storia e qui il tema non è la negligenza sanitaria).

Esistono poi altri mali, le cui conseguenze possono essere ugualmente drammatiche ma i cui sintomi spesso vanno taciuti, derubrucati per vergogna o ignoranza in una categoria di malesseri secondari da cui ci si risolleva – stando alle teorie omeopatiche della scuola della vita – con la sola forza di volontà.
Quei mali non hanno foglie gialle da mostrare al mondo, e guai a svelare certe piaghe invisibili! Se sono invisibili, se non si possono mostrare con un esame strumentale, si preferisce tacere. Anzi, si deve tacere.

Le foglie gialle della mia pianta (poveretta)

Chissà quante piaghe non vediamo, chissà quante foglie gialle vagano nel mondo senza che nessuno se ne accorga e si avvicini per staccarle e buttarle via. Persino dalle piante, dopo un po’ le foglie gialle cadono da sole. Chissà invece quanti portano sulle spalle il peso delle proprie foglie gialle che non cadono mai, che restano lì aggrappate e che nessuno toglie, nessuno vede.

 I PROTAGONISTI (in ordine di arrivo)

 GIACOMO DONI

LA MEMORIA STORICA MANICOMIALE PER FAR RIEMERGERE LE STORIE DIMENTICATE

Ad accompagnarmi in questa decima edizione della Notte sarà Giacomo Doni, Graphic Designer con la passione per la fotografia. Dal 2006 Giacomo sta realizzando una ricerca di conservazione storica delle ex strutture manicomiali italiane, dedicata agli edifici che non sono stati riconvertiti a diverso uso dopo la legge 180 del 1978. La sua missione consiste nel conservare la memoria storica di varie strutture distribuite sul nostro territorio nazionale.

Citando la sua biografia online: “La sua fotografia è rivolta principalmente a quelle aree che sono rimaste bloccate nel tempo, vuote e silenziose ed è usata come veicolo di tutela della memoria, per preservare la vita e la storia di questi luoghi dimenticati.”
Il suo lavoro è stato esposto, in spazi pubblici e privati fra Toscana, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna e Campania.

Giacomo Doni è anche creatore di “Cancelli aperti“, la prima newsletter italiana interamente dedicata al mondo della salute mentale, che sensibilizza e promuove cultura intorno a questo tema.

Un tema così delicato come la salute mentale può essere affrontato solo da persone attente e Giacomo Doni questo tema lo conosce bene perché continua da anni la sua opera di raccolta e divulgazione di memorie manicomiali. Memorie indispensabili per il mondo perché ci fanno comprendere l’umanità che ha affollato quei luoghi apparentemente privi di speranza, che erano in realtà colmi di vita, di estro e di creatività, di parole che volevano valicare muri.

Quanto siamo lontani, ogni giorno, dalla comprensione dell’altro? Tanto, credo.
In Giacomo ho visto invece la rara capacità di osservare senza paura le cosiddette “anomalie” umane per trovare la straordinaria forza che in esse si cela. Sì, Giacomo è indubbiamente la persona perfetta per parlare di salute mentale e di tutte le dinamiche correlate!

Con Giacomo ci vedremo domenica 30 aprile 2023 alle ore 16.00 in diretta streaming!
Qui l’evento per seguire la diretta.

 ELENA BILOTTA

SENSIBILIZZARE CONTRO LO STIGMA ATTRAVERSO IL DISEGNO

Elena Bilotta è Psicologa, Dottore di Ricerca, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale e Insegnante di Mindfulness.
Svolge attività clinica presso il Terzocentro di Psicoterapia Cognitiva di Roma e si occupa primariamente di disturbi di personalità e interventi basati sulla Mindfulness per la riduzione dello stress e del dolore cronico.
È autrice di Disegni per la Salute Mentale, progetto comunicativo di sensibilizzazione contro lo Stigma nei confronti della Salute Mentale.

Ho conosciuto Elena navigando in rete alla ricerca di professionisti nel settore della psicoterapia che avessero portato avanti progetti interessanti e utili per tutta la comunità, non solo scientifica. L’ho contattata e lei, con grande gentilezza e disponibilità, ha accettato di partecipare per raccontarci il suo lavoro nel campo della psicoterapia e mostrarci quanta strada c’è ancora da fare per combattere lo stigma ed essere di supporto per chi affronta un disturbo mentale.

Per farvi un’idea del suo meraviglioso progetto Disegni per la Salute Mentale, vi invito a visitare la pagina Facebook e il profilo Instagram.

Con Elena ci vedremo sabato 29 aprile 2023 alle ore 11.00 in diretta streaming!
Qui l’evento per seguire la diretta.

 VERONICA ROSSI

IL GIORNALISMO CHE RACCONTA LA SALUTE MENTALE

Veronica Rossi è giornalista e collabora principalmente con VITA occupandosi spesso di temi come disabilità, inclusione, autismo, psichiatria.
Nel 2021 si è classifica al secondo posto al premio Bomprezzi con un articolo sull’autismo: Le persone nello spettro autistico prendono la parola e si raccontano

Veronica si descrive così: “Sono friulana e amante della mia montagna, ma adoro viaggiare e scoprire nuove cose. Ho deciso di diventare giornalista perché credo nel valore dell’informazione e della scrittura come strumenti per rendere il mondo un posto un po’ più giusto, dove tutti possono avere una voce.”

Vi invito a leggere i suoi articoli: su VITA trovate l’archivio completo.

Nella nostra chiacchierata affronteremo il legame tra giornalismo e argomenti delicati come quello della salute mentale, con attenzione al modo in cui un giornalista dovrebbe porsi di fronte a certi temi e all’approccio più adeguato per sospendere il giudizio.
Chiederò a Veronica quali sono le trappole comunicative in cui non cadere quando si raccontano determinate storie, quali di queste le siano rimaste più impresse e perché. E poi ci faremo portare dalle parole e verranno certamente fuori spunti nuovi, belli e inattesi.

Con Veronica ci vedremo venerdì 28 aprile 2023 alle ore 18.30 in diretta streaming!
Qui l’evento per seguire la diretta.

 IGNAZIO GRATTAGLIANO

LA PSICODIAGNOSTICA FORENSE E LA VALUTAZIONE DELLA SALUTE MENTALE NEI CONTESTI LAVORATIVI


Cito solo alcuni passaggi del suo ampio curriculum professionale.
“Ignazio Grattagliano è Psicologo, Psicoterapeuta specialista in Criminologia Clinica, perfezionato in Terapia Familiare e Relazionale presso l’Università degli Studi di Bari, Professore Associato di Criminologia Clinica e Psichiatria Forense e di Psicodiagnostica Forense applicata ai Contesti Lavorativi presso la Facoltà Medica e il Corso di laurea in Psicologia Clinica della Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Lavora da oltre trent’anni sia sul piano dell’attività clinica e psicodiagnostica (clinica e forense), che negli ambiti della ricerca e della didattica. […]
Possiede una consistente esperienza peritale in ambito psichiatrico-forense, civile e penale, con particolare riferimento a tematiche quale imputabilità, sociale pericolosità, abusi e violenze su minori ed adulti, conflittualità coniugali, affido e adozione, circonvenzione di incapace, inferiorità psichica, amministrazione di sostegno, interdizione ed inabilitazione.
Autore di oltre 400 pubblicazioni su riviste italiane e di profilo internazionale. Ha partecipato in qualità di relatore con propri contributi a 500 congressi e convegni scientifici relativi all’area medico-legale, criminologica e psichiatrico-forense.
Ha lavorato come psicologo e specialista in criminologia clinica presso diversi istituti penitenziari della Regione Puglia.”

Qui l’intervento di Ignazio Grattagliano in formato podcast.

Sugli argomenti da lui toccati si potrebbe parlare per ore (anzi per giorni) ovviamente, ma nel podcast è condensato un quadro ricco di spunti.

 CARMENÇITA SERINO

DALLA PSICOLOGIA SOCIALE AL VIVERE QUOTIDIANO: UNA PANORAMICA SU TEMI CRUCIALI CHE SI RIFLETTONO ANCHE SULLA SALUTE MENTALE

Qui di seguito alcuni cenni sul percorso professionale di Carmençita Serino.
Professore di Psicologia Sociale all’Università di Napoli e, in seguito, all’Università di Bari, dove ha contribuito alla creazione del Dipartimento di Psicologia e del Corso di laurea in Psicologia, di cui è stata anche per un certo periodo presidente. Ha tenuto lezioni in altre università in Italia e all’estero (Parigi, Losanna, Ginevra). Ha partecipato a gruppi di ricerca internazionali e nazionali ed è stata responsabile di progetti di ricerca di interesse nazionale. Membro dell’European Association of Experimental Social Psychology e dell’Associazione Italiana di Psicologia, al cui interno ha promosso la creazione della Sezione di Psicologia Sociale.

Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali, ha pubblicato diversi volumi sugli argomenti propri della Psicologia sociale.
Ha scritto anche un romanzo intitolato “Bosch e l’enigma delle fragole”. 

Ho avuto la fortuna di essere studentessa della professoressa Serino durante il mio percorso di studi accademici in Psicologia presso l’Università degli studi di Bari. L’ho ritrovata casualmente su Twitter un po’ di anni più tardi e, grazie al collegamento social, ho potuto contattarla in privato per proporle di partecipare a questa edizione della Notte del Lavoro Narrato.

Anche il suo contributo potrete gustarlo in modalità video: Carmençita Serino ha registrato il suo intervento donando una panoramica ampia, un excursus a 360 gradi su tanti temi che riguardano la nostra quotidianità e che si riflettono di conseguenza sul nostro stato di salute mentale e sulla nostra vita.

Troverete grande ispirazione nelle sue parole, come in quelle di tutti i protagonisti.

 ALCUNI APPROFONDIMENTI

Il legame nascosto tra lavorare troppo e salute mentale

Ascanio Celestini per RO.MENS contro lo stigma della Salute Mentale

Possiamo capire la malattia mentale? Intervista ad Antonio Semerari

Immersi in un mondo che chiede salvezza: Dialogo con Daniele Mencarelli

Infortuni mentali (numero 115 di SenzaFiltro interamente dedicato al tema della salute mentale)

La mia intervista a Giacomo Doni del 2020

Il blog di Giacomo Doni

Cancelli aperti: la meravigliosa newsletter di Giacomo Doni

Marco Cavallo: la storia del cavallo blu

Forum Salute Mentale

Salute mentale, dobbiamo usare con cura le parole o vincerà lo stigma

Uno squilibrio da non trascurare

Franco Basaglia e la rivoluzione della libertà

«Ma la salute mentale che cos’è?». Morto lo psichiatra Franco Rotelli

 Per entrare nel vivo della nostra Notte anche su Facebook:

Il Gruppo Facebook della Notte del Lavoro Narrato

 PICCOLA NOTA A MARGINE

L’ho già fatto in privato, ma approfitto anche di questo post per ringraziare con tutto il cuore Giacomo Doni, Elena Bilotta, Veronica Rossi, Ignazio Grattagliano e Carmençita Serino per aver risposto “sì” alla mia proposta per la Notte del Lavoro Narrato di quest’anno.

Vi sembrerà sciocco, ma io mi commuovo di fronte a chi trova il tempo di parlare davvero con gli altri, di dedicare il proprio tempo (oggi bene più che mai prezioso) per raccontare e ascoltare. Resto stupita sempre, perché il tempo è uno dei doni più importanti che abbiamo.

Fonte: Frasivoanti

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