Dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (legge 81/2014) si è assistito ad un progressivo incremento delle misure di sicurezza alternative alla pena comminate a persone giudicate non imputabili per vizio di mente.
I servizi di salute mentale sono stati pertanto chiamati ad occuparsi in modo diretto dei percorsi di cura dei pazienti autori di reato confrontandosi da un lato con la difficoltà a conciliare il mandato di cura con quello del controllo sociale, dall’altro con l’evidente diversità di statuto rispetto alle altre istituzioni sociali coinvolte.
I limiti della legge 81/2014, già in parte rilevati dalla Consulta nel 2022, sembrano infatti riconducibili oltre che ad una inadeguata programmazione dei percorsi di ingresso e uscita dalle REMS, alla mancata definizione dei livelli di collaborazione inter-istituzionale tra magistratura, professionisti della psichiatria forense, dipartimenti di salute mentale, forze dell’ordine, servizi sociali dei comuni, organi di coordinamento regionale.
Il brutale assassinio della D.ssa Barbara Capovani ha ulteriormente acceso il dibattito sul rischio, avvertito dalla maggioranza degli operatori della salute mentale, ma anche da altri professionisti della sanità, di medicalizzazione, e nello specifico di psichiatrizzazione di molte forme di disagio e devianza sociale, con l’evidente pericolo di far regredire la salute mentale di comunità verso modelli organizzativi e operativi in evidente contrasto con lo spirito della legge di riforma 180 del 1978.
Comitato Scientifico
Francesco Casamassima, Responsabile UFSMA Firenze AUSL Toscana Centro
Giuliano Casu, già Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze ASL Toscana Centro
Fonte: Motore Sanità