di Francesca de Carolis
Luogo più simbolico, a fare da sfondo alla presentazione ufficiale della campagna #180benecomune, non si poteva trovare. La Fattoria di Vigheffio, a due passi da Parma, uno dei luoghi dove si è dimostrata possibile la costruzione di alternative al manicomio, l’abbattimento di sbarre e muri, l’incontro dei “matti” col territorio e la sua gente intorno. Con dietro l’idea di un mondo che fosse per tutti senza muri e sbarre. Che il pensiero di Mario Tomassini e Franco Basaglia, che pure lì si incontrarono e collaborarono, riguarda tutte le prigioni che ingabbiano il nostro vivere, fisiche e non solo.
Bel pensiero, ben controcorrente, in un momento difficile, in cui tutto sembra andare in senso opposto, nel campo della salute mentale e non solo, se la tendenza è a risolvere ogni problema sociale “chiudendo” sempre più al mondo, nei luoghi di cura, o presunta tale, come in quell’inferno che sono le nostre carceri o i centri dove pretendiamo di soffocare la spinta dell’uomo a migrare. Respingendo lontano dalla nostra vista tutto quello che pretendiamo essere a noi estraneo.
Parte da qui, nel luogo di una meravigliosa rivoluzione gentile, una campagna che vuole innovare radicalmente il sistema della cura, ridando vita alla 180 e a tutto quello che rappresenta. Non negando le difficoltà del momento, ma ribadendo la necessità di spiegare a tutti, ma proprio a tutti, che la 180 è un bene comune perché riguarda tutti. Perché insegna che la separatezza è un errore, che porta orrori (vedi quel che sono stati i manicomi, quel che sono, scusate se insisto, i luoghi di prigionia, dove il confine fra rei e folli, che pure vi sono ben rinserrati dentro, sembra essere sempre più labile).
Una campagna che vuole urlare per la vita, contro la morte. Lo ha detto chiaramente Carla Ferrari Aggradi, presidente del Forum salute mentale, se l’altra faccia del sottofinanziamento della salute mentale, oltre che della sanità tutta, sono tutti i soldi “dirottati verso la morte, verso le guerre”. Un invito a combattere per la vita… attraverso il recupero della dimensione etica del rispetto degli altri.
Una campagna che, muovendo dai disegni di legge presentati per dare attuazione in tutta Italia i principi della 180 pensa a una “deistituzionalizzazione in campo largo contro chi pensa a segregare”, come ben spiega Daniele Piccione, che fra le tante cose elenca le virtù del ddl per l’attuazione della 180, contro i luoghi comuni dell’inguaribilità e della pericolosità, ad esempio…
Gli interventi varrebbe la pena di ascoltarli tutti, che ognuno colpisce a fondo…
Voglio solo sottolineare le voci di chi i problemi di salute mentale li ha vissuti e vive in prima persona o accanto a un familiare … di questi ultimi leggerete nell’intervento su questa pagina di Tiziana Tommasoni, membro dell’Afasop, mentre colpiscono sempre al cuore, e alla mente, le parole di Silva Bon, che è storica e ha voluto portare la sua testimonianza di persona che vive il disturbo mentale per poi poter dire, commuovendosi, e tutti commuovendo… “dichiaro di essere guarita”. E “Guarire si può” è il titolo del bellissimo libro attraverso le cui pagine l’ho conosciuta, che sempre suggerisco di leggere, dove con forza e molto coraggio tutto questo è raccontato.
Ecco, coraggio: mi sembra altra parola chiave che esca da questo incontro. Perché ci vuole coraggio per andare contro corrente, per non cedere, non arretrare… e tutte le persone che guidano e portano avanti questa battaglia questo hanno fatto tutta la vita. E sono qui a testimoniarlo.
Molte persone, rappresentanti anche di associazioni, alla Fattoria di Vigheffio. Sono arrivati da tutta Italia. Non ero presente, ma, seguendo la diretta streaming, è stato bellissimo sentirne l’eco affollata, che come un’onda sussurra, applaude, riempie l’aria di tanta presenza. Insomma, in molti hanno risposto alla chiamata. Per dire ci siamo. A costruire una rete di comunità… E già fioccano le email delle persone e delle associazioni che vorrebbero partecipare attivamente alla campagna.
Un primo esempio parte dal sud, questo sud che “l’autonomia regionale già esiste… drammatica”, come sottolinea Roberto Mezzina, che è stato direttore del dipartimento di Salute mentale di Trieste, e molto ha lavorato anche al disegno di legge per l’attuazione della 180. L’Associazione “180amici Puglia” e del Coordinamento delle Associazioni pugliesi “Oltre il Silenzio” già propone di organizzare una tappa pugliese della Campagna, magari a Bari all’Università.
Saluti resistenti, chiudono l’email. E altre già seguono.
Insomma, è stato ben accolto l’invito del Forum, e di Peppe dell’Acqua (che non è potuto essere alla Fattoria, ma che il cammino verso questa giornata ha guidato) che … “dobbiamo assumerci il compito non solo di denunciare la carenza e la miseria delle organizzazioni e la drammatica mancanza di risorse, ma soprattutto promuovere ovunque la consapevolezza dell’umano. Ritrovare la dimensione etica, battersi per luoghi accoglienti, addestrarsi ossessivamente a incontrare l’altro”.
Una nota personale. Una giornata rincuorante, in questi giorni che sto leggendo una tremenda storia: “Socialmente pericoloso, la triste ma vera storia di un ergastolo bianco”. La vicenda, qualcuno ricorderà, di Luigi Gallini, che era ricercatore universitario, insegnante, e poi un giorno, con l’acutizzarsi di una patologia psichiatrica tenta di rapire un bambino. Nel suo intento voleva sottrarre il piccolo a minacciosi figuri che immaginava si stessero avventando addosso al piccolo. “Pregiudicato tenta di rapire un bambino”, titolano le agenzie e poi i giornali. Vi risparmio il percorso e dettagli da film dell’orrore (è passato anche nella sezione Sestante nel carcere di Torino, ora chiusa dopo la denuncia di Antigone): giudicato “pericolosissimo” ora si trova in una comunità forense, e mai sa se ne uscirà fuori. Parla di una non vita che “gli avvizzisce il cuore”, e della falsa libertà di cui gode ogni cittadino… Perché questo oggi è. E anche questo, una società che accolga e non respinga, può aiutare a superare.
E una nota a margine, vi sembrerà bizzarra, ma… sul tavolo dei relatori durante la conferenza stampa c’era un bel mazzo di fiori di carciofo. Sì. Li avete mai visti? Sono splendide corone color viola. Cynara cardunculus, il nome scientifico. Forse molti di noi, che pure carciofi mangiamo con piacere, non li hanno mai visti. E certo, perché il fiore è la parte interna di quello che solitamente mangiamo, quella che chiamiamo barba e che in genere portiamo via, perché ci disturba il gusto. Ecco, proviamo qualche volta a mettere da parte la nostra ingordigia, a lasciarla crescere, quella barba… sarà un’esplosione di colore, quasi viola… quasi colore della lavanda… e farne anche di questo un simbolo, come un fiore all’occhiello sull’abito azzurro di Marco Cavallo…
Fonte: News Forum Salute Mentale