di Antonello D’Elia
Finalmente il tema dell’Elettroshock arriva all’opinione pubblica ed esce dai contesti specialistici. La notizia di stampa che un’apparecchiatura per la Terapia Elettro Convulsiva (TEC) di ultima generazione sia stata acquistata dalla ASL Roma5 per il trattamento di cui hanno ‘goduto’ già 25 pazienti in poco meno di un anno e mezzo è ora di pubblico dominio. Come il fatto che questo raffinato strumento, erogatore di elettricità per cervelli difettosi e bisognosi di benefiche scosse, sia stato acquistato con i finanziamenti stanziati dal Ministro della Salute della passata legislatura, Roberto Speranza, per “azioni volte al superamento della contenzione meccanica e al rafforzamento di percorsi di cura alternativi ai ricoveri in REMS delle persone autori di reato con malattia mentale”. La pratica della TEC era stata annunciata da una delibera di quella ASL che avevamo già segnalato recentemente. Ora sappiamo che anche in area romana, nei servizi pubblici, è possibile effettuarla come avviene a Pisa, Bologna, Verona, Bolzano, Sassari, Brescia e Milano. Una nuova unità d’Italia all’insegna dell’elettroconvulsione. Addolora prendere atto che nel clima di generale smantellamento delle cure psichiatriche comunitarie, di svuotamento dei servizi di persone, mezzi, idee, nell’assenza di LEA per la psichiatria di territorio, si adottino iniziative animate da un’ideologia revanscista. Lo shock diventa pratica identitaria, da rivendicare in una dimostrazione di forza nei confronti di una realtà che va cancellata, ribaltata, quella di decenni di psichiatria prossima alle persone sofferenti, capace di ascolto e di rispetto. Su tutti i fronti in cui l’emancipazione delle persone e la difesa dei loro diritti è stata garantita per via legislativa e attraverso pratiche consolidate, stiamo assistendo a un ritorno al passato, a un revisionismo sistematico, si pensi all’interruzione di gravidanza sottoposta alle ingerenze pro-vita, ai DDL in campo psichiatrico e alla mai tramontata contenzione ai letti. Psichiatria Democratica denuncia questo ennesimo arretramento a scapito della salute delle persone e si appella a tutti gli operatori, i familiari, gli utenti, i cittadini che continuano a credere che servano più relazioni di cura e non elettricità per contrastare il dolore psichico, affinché la comune voce di dissenso sia forte, chiara ed esplicita.
Comunicato del Presidente di Psichiatria Democratica, dott. Antonello D’Elia