Intervista a Denis Parviz, responsabile del reparto psichiatrico dell’ospedale “LesMurets” di Parigi
Dal 2017 nell’ospedale de ”Les Murets” è stata istituita una giornata chiamata “Giornata della follia” questo è un segno di resilienza molto importante.
Il cuore dell’intervento di Parviz mette in evidenza due momenti storici della storia degli ospedali, gli anni ’60 e oggi. Dagli anni ’60 osserviamo un cambiamento positivo, una trasformazione delle relazioni umane anche all’interno dell’ospedale. I professionisti che costituiscono le equipe mettono il loro lavoro in comune collaborando con rispetto reciproco. Questo cambiamento rappresenta una via d’uscita da un modello chiuso ed esclusivo, modello che costituiva un peso, costituiva la gerarchia piramidale dell’ospedale. Questa variazione ha permesso alle equipe ospedaliere di avere una maggiore autonomia, elasticità e un potere di iniziativa all’interno dell’ospedale. Una considerazione che si potrebbe fare è che la cooperazione è fondamentale per la cura dei pazienti.
Lo psichiatra, continua dicendo, che oggi c’è una crescente disapprovazione dell’azione psichiatrica, un vero e proprio rifiuto sia in generale che, per coloro i quali sono incaricati di promuoverla. La lotta allo stigma è continua e non sembra mai fare abbastanza. È stato denunciato il ricorso teorico della psicoanalisi, un altro aspetto negativo è il peso dell’ideologia manageriale, secondo la quale le persone erano obbligate a dare il loro miglior contributo contando solo su loro stesse.
Quindi ci chiediamo, se stiamo osservando un cambiamento di paradigma, il riemergere di vecchi atteggiamenti ostili e penalizzanti. Nell’antipsichiatria poi osserviamo delle oscillazioni tra la psichiatria, la sua opinione e la storia. La visione stereotipata e rigida degli anni della lotta anti-istituzionale, ha prodotto una difficoltà della comunicazione di un passato, che invece aveva molte cose da dire. Un altro peso da denunciare è quello dell’industria farmaceutica, la quale ha un ruolo di grande responsabilità nella tutela della salute del nostro Paese, e della psichiatria biologica. Essa è un ramo della medicina e della psichiatria che studia la relazione tra disturbi mentali e il funzionamento del sistema nervoso.
Nel corso del tempo dopo la Seconda guerra mondiale, si sono venuti a creare diversi approcci. Schematicamente si possono chiamare delle pratiche di disalienazione di cui fa parte per certi aspetti la psicoterapia istituzionale, la psichiatria di settore e l’antipsichiatria. Un club di malati può diventare uno strumento di alienazione, se non si mette in atto un dispositivo democratico che rimette costantemente in questione il suo funzionamento e le sue finalità. Per quanto concerne le pratiche di disalienazione che tendono a far uscire il contesto manicomiale puro, l’utente con fragilità, grazie ai positivi effetti della socializzazione con l’obiettivo di farlo vivere guarito all’esterno della società e reinserendolo alla famiglia o nell’ambiente da cui proviene.
Invece nella psicoterapia istituzionale ci sono diverse correnti, che pongono diversi obiettivi: il primo è quello di cambiare il paradigma antico e quindi di approcciarsi con apertura verso la formazione di infermieri specializzati, ma anche apertura verso le attività di gruppo coi centri diurni e le case supportate. Lo psichiatra funge da fulcro ed è accompagnato dallo psicanalista, queste due figure vanno in parallelo nel sistema. Questa è la prima “sottoscuola”. Per quanto riguarda la psicoterapia istituzionale si riferisce alla corrente politica-analitica che è stata definita dallo psichiatra François Tosquelles il quale ha sottolineato “ Il club terapeutico dei malati è uno strumento in grado di far esplodere la struttura classica e di far subentrare al suo posto un insieme di luoghi istituzionali”. Esso si fonda su due concetti quello del transfer dissociato e quella costruzione transferenziale.
La psicosi del paziente viene trasferita parzialmente a seconda del soggetto che ha di fronte che può essere lo psicanalista. Questo pensiero, ovvero che nella psicosi ci sia un transfert, fu alla base della tesi di Lacan. La psicosi deve essere presa in carico da tutti gli operatori, si mettono insieme i pezzi, grazie ai quali è possibile fare una sintesi per comprendere meglio lo stato del paziente, i suoi bisogni e l’iter di cura. In aggiunta possiamo dire che la psicoterapia istituzionale era considerata con la psicoanalisi, un privilegio borghese e non poteva essere utilizzata per la cura di pazienti qualsiasi. L’ottica di quel tempo era concepire la società come malata, tuttavia il malato si sarebbe curato se la società fosse stata più evoluta, solo allora il suo stato di alienazione sarebbe divenuto ottimale.
Per quanto riguarda la psichiatria del settore di zona ha come fondamento quello di mettersi a completa disposizione del malato e dei suoi bisogni, questa è chiamata psichiatria di prossimità. La vicinanza doveva essere di tipo sociale e personale. Il termine antipsichiatria viene dallo psichiatra inglese David Cooper, e definita da Foucault come messa in discussione delle emulazioni di potere, che sono alla base della psichiatria. Dai suoi studi M. Foucault, scrisse Histoire de la folie à l’age classique (1961) che ricostruiva le forme della repressione psichiatrica, messe in atto a partire dal sec. XXVII a fronte della tolleranza verso il malato di mente ai tempi del Medioevo.
Tra antipsichiatria e Psicoterapia istituzionale c’è opposizione, anche se hanno un punto di partenza in comune, ossia che entrambe si oppongono per sovvertire l’orrore che troviamo nei manicomi. L’antipsichiatria inglese e quella italiana erano per la soppressione degli ospedale psichiatrici, mentre in realtà la psicoterapia istituzionale ha cercato di rivoluzionare il funzionamento classico degli ospedali psichiatrici e non sopprimerli del tutto. L’antipsichiatria inglese vede il sistema ospedaliero psichiatrico come un carcere e quindi va eliminato totalmente dalle radici, tra l’altro le malattie mentali sono viste più come gli effetti di una società patologica che crea la malattia; quindi l’alienazione patologica, sarebbe ridotta ad alienazione sociale questo secondo l’antipsichiatria inglese fondata da Cooper, mentre quella italiana definita antipsichiatria democratica fondata da Franco Basaglia. Egli è sempre stato contro l’istituzione manicomiale e con la sua battaglia, con la legge 180 è riuscito a farli chiudere; però sosteneva che la chiusura non era abbastanza per aiutare i pazienti psichiatrici, ma ciò che era importante stabilire con questi malati era un rapporto di parità, un rapporto orizzontale.
Nonostante le diverse correnti come la psicoterapia istituzionale, l’antipsichiatria ecc…la cosa importante è prestare attenzione alla vita quotidiana, perché le patologie gravi come la schizofrenia, hanno difficoltà proprio nella vita di tutti i giorni, quindi, vanno aiutati e seguiti cosicché possano avere un buon rapporto con loro stessi. Questi sono i punti cardine sui quali si è soffermato Denis Parviz, facendo una panoramica generale dettagliata.
Maria Anna Catera
Fonte: 180Gradi