Coinvolgere maggiormente i pediatri di famiglia nei programmi di screening per l’individuazione della depressione post partum. Questa, secondo Valentina Grimaldi, pediatra-psicoterapeuta e consigliera dell’Ordine dei Medici-chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma (Omceo Roma), la strada da seguire “per intercettare precocemente i segnali di disagio prima che diventino un disturbo vero e proprio”.
“Noi pediatri molto spesso non siamo coinvolti, se non marginalmente, nei programmi di screening perché la despressione post partum viene erroneamente confinata al periodo immediatamente dopo il parto, ma in realtà si è visto che non è più così e che può verificarsi fin ben oltre i primi mesi di vita del bambino, pertanto insieme a ginecologi, ostetriche e neonatologi- spiega Grimaldi- il pediatra di famiglia può avere un ruolo molto importante. Infatti, siamo proprio noi che, dopo il parto, incontriamo più frequentemente il bambino e la mamma, dunque coinvolgerci attivamente nell’individuazione dei segnali di depressione, in rete con gli altri specialisti, può davvero fare la differenza. Ogni specialista e operatore sanitario è chiamato a dare il proprio importante contributo per intercettare questa problematica che coinvolge un numero sempre maggiore di donne”.
Il periodo perinatale, ossia quello che precede e segue immediatamente la nascita, è infatti un momento di grande vulnerabilità nella vita di una donna. In questo periodo aumenta significativamente il rischio di sviluppare disturbi psichici, con conseguenze negative che si ripercuotono sulla salute del bambino, del partner e della vita di coppia. Offrire un trattamento quanto più possibile tempestivo alle madri in difficoltà, in questa delicata fase, è dunque un’importante azione di salute pubblica. Non solo, individuare e curare le situazioni a rischio nelle donne significa tutelare, nel breve e nel lungo termine, un sano sviluppo psichico dei bambini. Per questo è importante che medici, psicologi e operatori sanitari siano aggiornati, formati e informati sull’argomento.
Proprio questa riflessione è stata alla base del corso Ecm ‘Dal post partum ai primi anni di vita: aspetti clinici e psicopatologici nella famiglia nucleare‘, che si è svolto nella capitale venerdì 15 marzo, con il patrocinio di Omceo Roma. Il corso ha offerto un’occasione di confronto per quanto riguarda l’identificazione precoce, la diagnosi e il trattamento dei disturbi psichici in donne che vivono la complessa esperienza della maternità e ha dedicato particolare attenzione al ruolo genitoriale, alle dinamiche della coppia, e alle conseguenze sulla salute dei figli.
“Il corso ha affrontato diverse questioni riguardanti la salute mentale materna con un focus, in particolare, sulla genitorialirà- spiega Daniela Aiello, dirigente psichiatra e psicoterapueta Asl Roma 2 e responsabile scientifica dell’evento- da recenti studi, oltre che dalle teorie psicodinamiche attuali, sappiamo quanto è importante l’interazione madre-bambino. La salute mentale materna è uno dei determinanti del benessere del bambino, anche per questo si è sentita la necessità di approfondire l’argomento in ottica multidisciplinare. Siamo tutti chiamati a porre attenzione particolare a queste prime fasi della vita e ad individuare le situazioni più fragili. Le donne sono reticenti a comunicare i propri vissuti profondi, inoltre la cultura main stream della mamma perfetta o della mamma a tutti i costi non aiuta. E’ necessario che gli operatori siano formati per mettere la donna in condizioni di aprirsi e formulare una richiesta di aiuto”.
“E’ bene sottolineare- evidenzia Aiello- che deve essere data un‘attenzione particolare alla prevenzione primaria della salute mentale, che vuol dire promuovere la salute della famiglia facendo attenzione alla transizione alla genitorialità al momento della nascita e alle tappe di sviluppo successive, che sono fasi cruciali da cui deriverà la salute psichica del bambino. Fare prevenzione- conclude- è un discorso importantissimo di salute pubblica”.
“La depressione post partum- riprende Grimaldi- ha un’eziologia multifattoriale, ma i cambiamenti sociali che viviamo in questo momento storico, dove c’è una crisi profonda delle relazioni e una tendenza all’isolamento sociale, alimentano fortemente il disturbo”.
“Oggi la famiglia è cambiata- evidenzia la consigliera Omceo Roma- sempre più spesso ci troviamo di fronte a genitori che hanno poca conoscenza del bambino in generale e del neonato in particolare, che non hanno contezza di cosa significhi diventare padri e madri, che si confrontano con i media e non con la vita reale. Questo genera sentimenti di inadeguatezza, incapacità, frustrazione e fallimento quando si trovano a fare i conti con il neonato in carne e ossa, con il bambino vero. Ed è proprio in tale contesto che il pediatra può avere un ruolo determinante: fornendo informazioni corrette, stando vicino alla mamma chiedendo come sta vivendo la maternità, come ha vissuto il momento del parto, come si sente. Tutto questo utilizzando tecniche di comunicazione efficace orientate all’ascolto, scegliendo bene le parole e non giudicando. È importante ricordare sempre, come medici, che il tempo che si dedica alla comunicazione e alla relazione col paziente è tempo di cura, crea un’alleanza con la famiglia che tornerà sempre utile”.
Un punto di vista che rispecchia in pieno la nuova ottica verso cui sta andando la Pediatria, ossia quella di avere un approccio sempre più sociale, orientato non solo alla gestione clinica ma sempre più aperto alla gestione di tutte quelle problematiche che condizionano lo stato di benessere del bambino. “Importantissimo per la depressione post partum, come per tante altre problematiche così complesse, andare verso la creazione di una rete efficace tra professionisti– evidenzia Grimaldi- perché tutte queste azioni che il pediatra e gli altri specialisti e operatori sanitari sono chiamati a mettere in campo, per dare un buon risultato- conclude Grimaldi- devono avere una integrazione efficace e funzionale sul territorio”.
Fonte: Tuscia Up