Lo scandalo del talidomide, che colpì profondamente l’opinione pubblica negli anni ‘70 può essere collocata fra le più gravi catastrofi provocate dall’uomo nel secolo scorso, paragonabile al disastro di Seveso, a quelli di Chernobil, del Vajont, ecc. Secondo caute stime, infatti, negli anni ‘50-’70 la somministrazione dello psicofarmaco talidomide a donne gravide ha provocato nel mondo la nascita di almeno 8-10.000 bambini con focomelia e altre gravissime malformazioni.
Il farmaco era stato introdotto sul mercato tedesco da un’industria farmaceutica che ne assicurava e propagandava l’assoluta innocuità anche quando gliene erano già noti gli effetti tossici. La stessa ditta aveva curato, per incrementare i propri profitti, la diffusione del talidomide in altri paesiE’ merito di pochi medici e legali aver portato alla luce la vicenda denunciandone le responsabilità fino al ritiro del farmaco e all’ottenimento di un indennizzo alle vittime del talidomide (1). Fra i primi nel mondo gli autori del volum, Henning Sjòstròm e Robert Nilsson, che hanno condotto in Svezia questa battaglia e l’hanno vinta nonostante lo scetticismo dei colleghi e l’ostilità delle corporazioni professionali.
La descrizione dello scandalo del talidomide è preceduta da una magistrale sintesi (introduzione o “background generale”) della storia dei progressi della medicina verso la metà del secolo scorso. In questa acuta e approfondita analisi gli Autori non solo descrivono gli enormi miglioramenti prodotti dallo sviluppo di nuovi farmaci e di nuove tecniche diagnostiche nella diagnosi, nella prevenzione e nella cura delle malattie dell’uomo, ma anche le emergenti problematiche degli effetti collaterali negativi e dei più scottanti aspetti economici, commerciali e speculativi della produzione industriale dei farmaci nella società del mercato e del profitto. Aspetti che assumeranno dimensioni e caratteri semptre più sconcertanti nei decenni successivi.
Giulio A. Maccacaro nello scritto “E in Italia?”, che introduce al testo di Sjòstròm e Nilsson, racconta nei particolari la vicenda in Italia soffermandosi sul significato di alcuni ritardi nel provvedimento di sospensione della vendita del farmaco e sollevando un velo che nascondeva un perverso intreccio di interessi. Associa inoltre questa vicenda ad un’altra, quella dei ritardi della introduzione nel nostro paese del vaccino orale di Sabin contro la poliomielite concludendo che diverse migliaia di casi di poliomielite verificatisi in Italia nel triennio 1961-1963 sarebbero potuti essere risparmiati.
“Sto forse suggerendo che l’intreccio di rapporti tra industria farmaceutica, amministrazione sanitaria e professione medica è, nel nostro paese, tanto fitto da deludere ogni tentativo di guardarlo in trasparenza? Forse è cosi, ma al di là di questo opaco spessore vedo, e ne sono colpito, queste date: il talidomide fu ritirato dalla vendita al pubblico della Germania Occidentale, della Svezia e della Gran Bretagna tra l’ultima decade di novembre e la prima di dicembre del 1961. Ma il nostro Ministro della Sanità che ne era informato, non sospese, nemmeno cautelativamente, la vendita delle specialità medicinali italiane contenenti il malefico farmaco fino all’estate del 1962… “(P. XXII). “….Ma già l’anno prima, il Ministro della Sanità si era concesso — invocando la prudenza! — un altro indugio destinato a compiacere certa industria farmaceutica, che costò la vita di molti bambini oltre la paralisi di tanti altri. Questa gravissima denuncia, formulata pubblicamente dal Collettivo dell’Istituto Superiore di Sanità non è mai stata smentita. Si tratta di una livida storia, estremamente significativa, che deve essere conosciuta” (p. XXII).
“…Sono vicende coeve e coerenti anche nella loro apparente autonomia e contraddittorietà: in un caso, quello del talidomide, si è lasciata — oltre ogni ragionevole limite — libera vendita a un farmaco malefico in attesa che madri e bimbi si facessero cavie e vittime per dimostrarne la tossicità pur già nota; nell’altro, quello dell’antipolio, si è impedito che un vaccino benefico venisse prodotto e distribuito onde evitare che madri e bimbi diventassero cavie e vittime della sua altrettanto nota… innocuità”( pXXVI).
Non sfuggiva agli Autori che non sarebbe bastato riconoscere e giudicare nelle sue manifestazioni più clamorose il potere dell’industria farmaceutica ma occorreva andare oltre “nell’analisi strutturale di tale potere, dei suoi rapporti con quello politico, del suo intreccio con quello medico. Si dovrà individuarne la posizione nella città sanitaria, l’irradiazione nell’apparato assistenziale, la prelazione sull’attività scientifica. Si dovrà, del farmaco stesso, analizzare il ruolo politico: come serva al medico e come il medico lo serva, per il servizio che entrambi devono rendere; quale immagine di sé proponga al malato e come di questi venga esso stesso deformando l’immagine; come si fletta ad ogni esigenza di gestione sociale e come della stessa suggerisca, fino a dettarli, i più repressivi modelli”.
Si ponevano cioè le basi di una scienza nuova, un inesplorato campo di indagine che avrebbe fatto emergere nei decenni successivi le complesse e spesso immorali convergenze, nella società dei consumi, del profitto e del mercato selvaggio, di interessi inammissibili anche in campi apparetemente innocenti, quali, in medicina, programmi di prevenzione di massa o piani terapeutici non sempre fondati su solide basi scientifiche.
(1) Dal 5 ottobre 2009 lo Stato italiano riconosce un’indennità mensile alle vittime della talidomide nate tra il 1959 e il 1965. Il 20 agosto 2016 il parlamento italiano ha approvato una legge strutturata come una proroga della precedente del 2009, fissando un limite massimo di dieci anni per chiedere l’indennizzo. Il 17 ottobre 2017, seppur con sette mesi di ritardo rispetto alla previsione (febbraio 2017), il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto per sbloccare gli indennizzi, dando la possibilità di faredomanda anche alle vittime nate nel 1958 e nel 1966, oltre a tutti i soggetti presentanti malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide.
Nel settembre 2012 la ditta produttrice del farmaco ha porto le proprie scuse ufficiali in occasione dell’inaugurazione a Stolberg di un memoriale dedicato alle vittime .
Henning Sjòstròm e Robert Nilsson
IL TALIDOMIDE E IL POTERE DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA
Con la prefazione di Giulio A. Maccacaro E in Italia?, Feltrinelli 1973
Titolo originale:
Thalidomide and the Power of the Drug Companies (Penguin Books Ltd, Harmondsworth, Middlesex, England, 1972)
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Robert Nilsson, nato nel 1940 a Stoccolma, si è laureato in biochimica nel 1963. Oltre ad essere consigliere tecnico per l’accusa nel processo di Aachen per il talidomide, ha avuto una parte importante nell’impedire in Svezia l’uso di insetticidi contenenti mercurio.
Henning Sjòstròm è nato nel 1922 nella Svezia settentrionale. Figlio di contadini, lavorò dapprima come minatore, bracciante e forestale. Nel 1953 si laureò in legge. Oltre che del caso talidomide, si è occupato delle implicazioni dei contraccettivi orali, ecc.. È autore di numerose pubblicazioni.
Fonte: Memory of the World