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Nel suo intervento “La Cura”, Salute Internazionale, 13/10/2021, Benedetto Saraceno affronta con grande lucidità e chiarezza il fenomeno purtroppo assai diffuso della distorsione del significato di “parole troppo usate, usate in modo enfatico e retorico, che diventano una sorta di passe-partout per dire qualcosa che non si sa bene più cosa sia e che, comunque, per ognuno significa qualcosa di diverso”: le parole “polisemiche”, la cui sola pronuncia, aggiungerei, sembrerebbe soddisfare chi ascolta e risolvere magicamente i gravi problemi che esse evocano.
Nell’analisi del vero significato della parola “Cura” rispetto all’ uso che se ne fa, il Saraceno segnala le distorsioni che, a tutt’oggi, caratterizzano la retorica della Cura riferita a pratiche di assistenza e accudimento necessarie a disabili o anziani non autosufficienti sottolineando come nell’uso corrente questa parola sottintenda e veicoli una serie di convincimenti basati su pregiudizi, scarse conoscenze e pratiche che sostanzialmente ignorano o negano che la Cura è un diritto di ogni persona in quanto cittadino della “Polis”. Egli contesta, in particolare, la esclusività del carattere oblativo della prestazione di Cura e la sostanziale delega alle donne delle funzioni di cura e di presa in cura nel presupposto che l’etica della cura appartenga al pensiero morale ed emozionale della donna in contrapposizione all’etica dei diritti tipica del pensiero morale e razionale dell’uomo. Tutto ciò contrasta con il fatto che la Cura non è una dimensione esclusivamente emozionale e privata, ma appartiene anche alla dimensione sociale e pubblica e richiede “politiche”, finanziameti e sostegni. La Cura è cioè un complesso atto bio-psico-socio-politico.
La corruzione del significato della parola “Cura” nell’uso comune rappresenta un esempio significativo di un processo che attiene alla perdita del senso delle parole intese come veicolo di una chiara comunicazione all’altro non solo di idee e di concetti più elaborati, ma anche di sentimenti, di propositi, di progetti per cambiare il mondo che richiedono una comunanza di intenti e comunque una dimensione di condivisione e di solidarietà sociale che definisce l’appartenenza ad un gruppo.
Non c’è dubbio che questo processo di derubricazione, che riguarda in primo luogo parole dense di significati profondi e di alto valore etico e normativo, quali libertà, democrazia, patria, onore, ecc. , è la manifestazione più evidente, e sempre più minacciosa, di un profondo malessere della comunità se non di un pericoloso sgretolamento dei fondamenti etici e culturali che ne definiscono i peculiari caratteri e ne sostengono il sano sviluppo. Ci si riconosce infatti in base a parole che hanno significati assai diversi per ciascuno di noi, ad enunciazioni generiche che il più delle volte sono utilizzate soltanto per salvaguardare interessi privati a scapito della collettività. Si tratta di una vera e propria mistificazione sulla quale si basano consensi e dissensi del tutto strumentali che il più delle volte non tengono alcun conto del cosiddetto “bene comune”, altra espressione di grande rispetto, ma già pericolosamente inflazionata.
Ritrovare il significato vero delle parole e la coerenza dei comportamenti pubblici e privati di ciascuno di noi, curare la Comunità, tutelare i beni comuni, questo è il compito che ci consegna il Terzo Millennio: è l’ultima sfida alla alienazione e al capovolgimento dei valori messo in atto dalla società della tecnologia al servizio del profitto e del mercato selvaggio.
2 comments
Molto bello e molto giusto e condivisibile! Io avrei aggiunto alle parole …”libertà, democrazia, patria, onore”.. anche UGUAGLIANZA, in un Paese come il nostro connotato da molteplici disuguaglianze e in particolare quella di genere e al ruolo della donna nella nostra società.
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