Il film esordio alla regia dell’attrice e comica romana mette in scena il legame tra due sorelle e la lotta contro gli stereotipi sullo spettro autistico. Ma anche il viaggio interiore che farà scoprire alla protagonista cos’è davvero importante nella vita
Giovedì 11 aprile è stato per l’attrice comica Michela Giraud un giorno importante, per il suo debutto come regista al cinema con il film Flaminia, ispirato alla propria vita.
Flaminia (Michela Giraud) è una ragazza di Roma Nord, o come lei stessa la definisce de “la gorgone appariscente e malvagia”, prigioniera di una società e di una mentalità dove l’apparenza è tutto. A pochi giorni dal matrimonio con Alberto (Edoardo Purgatori) che dovrebbe sistemare economicamente la famiglia di Flaminia, sua sorella Ludovica (Rita Abela) viene dimessa dalla comunità psichiatrica in cui si trova per aver dato fuoco al materasso.
Flaminia, combattuta tra la preoccupazione che qualcosa possa andare storto nell’organizzazione del matrimonio e l’amore inaccettabile per la sorella, sarà protagonista di un viaggio interiore che metterà in discussione le sue priorità e accenderà dentro di lei una luce che le farà capire cos’è più importante per lei.
Il film ha un’encomiabile ricchezza di temi, contenuti e umanità. In una società permeata dal giudizio, emerge una sensazione fortissima di non sentirsi mai abbastanza, che sovrasta gli umani bisogni di tenerezza, di riconoscimento e di accettazione.
Il personaggio di Ludovica è ispirato a Cristina, sorella di Giraud. Ludovica è fondamentale sia per riaccendere i bisogni soppressi e la spontaneità della protagonista (che troppo a lungo è stata prigioniera dell’insicurezza materna), che per far luce sul tema della salute mentale, e in particolare sulla discriminazione nei confronti delle persone nello spettro autistico. Il film sottolinea che la parola “avere” non significa “essere”.
Nel tempo ci sono state tante persone che si sono battute per difendere le persone etichettate come “pazze”, “matte”, “handicappate” (termine usato anche durante il film per evidenziare lo stigma): tra tutti, Franco Basaglia, psichiatra e neurologo che, attraverso la legge che porta il suo nome, decretò la chiusura dei manicomi.
Numerosi sono anche gli artisti che si sono battuti, chi prima e chi dopo la legge Basaglia, come Fabrizio De Andrè che nel 1971 pubblicò il famoso brano Il matto (Dietro ogni scemo c’è un villaggio) o Simone Cristicchi con Ti regalerò una rosa, vincitrice del Festival di Sanremo nel 2007.
Oggi Michela Giraud sceglie di donare al suo pubblico un pezzo di sé e della sua storia, e soprattutto di mettere a nudo le parti più commoventi della relazione con la sorella. Flaminia è un film ricchissimo che fa luce sull’importanza di far cadere le barriere del giudizio, sul tema dell’accettazione, psichica e corporea, sulla ricchezza della fiducia e dell’amore per sé stessi e per l’altro.
In molti momenti del film alcuni personaggi non capiscono se è Ludovica o Flaminia la persona che ha bisogno di una terapia farmacologica, perché il problema fondamentale di oggi è quello di “designare” un paziente che presenta sintomi e di buttarlo emotivamente via, non concedendo l’opportunità di mostrare le proprie risorse. In realtà non esistono esseri umani che non presentino vulnerabilità, che non sono colpe, ma le condizioni stesse per definirsi umani.
Perché in fondo, come ripeteva spesso Franco Basaglia, “Visto da vicino, nessuno è normale”.
Fonte: la svolta