Quando compriamo un libro c’è sempre quella mera curiosità che ci spinge a leggerlo. Quasi come se quelle vite fatte di carta possano essere salvifiche per il nostro essere. È surreale pensare quanto possano donarci le varie narrazioni, quanto quelle persone fatte di inchiostro e carta possano rappresentare per noi. Perderci e immedesimarci in un libro non è mai semplice, ma ci sono quei particolari che riaffiorano alla mente che ci conducono in momenti e in vissuti già provati. La penna degli autori ci fa addentrare in esperienze già vissute, in emozioni già provate e spesso in un dolore silente che la nostra mente non riesce ad esprimere, un dolore che oggi sappiamo ricollegare al tema della salute mentale.
Al giorno d’oggi si parla spesso di salute mentale, di ansia e di epiteti utilizzati a sproposito. Nella cultura letteraria sono molti gli autori che trasmigrano la loro sofferenza attraverso i romanzi. Ma spesso non vi è la giusta sensibilizzazione. Tra i giovani lettori spicca quel dolore causato dalla solitudine di questi anni, quella sofferenza taciuta, quasi oppressa, che il lessico non riuscirebbe ad esprimere.
Negli ultimi tempi si è voluto dare uno spazio in più, attraverso la “letteratura dei giovanissimi”, alla “mental health” (salute mentale) di cui tutti parlano. Quel posto riservato a un pubblico che deve essere sensibilizzato ma anche compreso, poiché spesso l’animo adolescente nasconde le tenebre più dilanianti. Molti sono i titoli che spiccano, ma vi sono alcuni libri che scavano dentro l’animo del lettore, che attanagliano il mostro che grava da anni e lo fa avvicinare alla vita.
Ti ho trovato fra le stelle, Francesca Zappia
Dal titolo italiano mai si penserebbe a un romanzo che tratti una patologia così delicata come l’ansia sociale. Il titolo originale “Eliza and Her Monster” rimanda al significato del romanzo, al dolore che prova una giovane adolescente a rapportarsi con il mondo esterno. L’animo di Eliza ci appare così dolce e timido, ma ci travolge come un mare in tempesta e ci scaraventa su quelle sensazioni di oppressione e paura. Il personaggio di Eliza entra in empatia con il lettore, riesce a coinvolgerlo nel suo vagare alla ricerca di sé. All’interno del romanzo vengono trattati attraverso i personaggi due particolari situazioni di vita, tra cui il disturbo d’ansia. Eliza soffre, sente di non potercela fare a rapportarsi con gli altri e necessita di una via di fuga, un mondo tutto suo dove nessuno la faccia sentire giudicata. Il disturbo d’ansia che prova la protagonista è presente nel romanzo in modo da farci comprendere la sua visione ma anche ciò che lo scatena. Attualmente è uno dei disturbi di salute mentale più frequenti tra i giovani. Al giorno d’oggi è anche uno dei disturbi anche meno compresi, dove l’adolescente che lo percepisce non sa dare un nome a ciò che prova e si sente soffocare. L’autrice con la sua penna delicata e dedita alla desensibilizzazione tra i più giovani, ci fa entrare nel vivo della storia e ci porta a comprendere le sfumature che attanagliano i mostri di Eliza. Ci accompagna in un viaggio alla scoperta di noi stessi, ci aiuta a saper affrontare ciò che ci fa paura soprattutto superando i nostri limiti.
E poi ci sono io, Kathleen Glasgow
“E poi ci sono io” è un romanzo struggente, fatto di ombre e di cicatrici indelebili. La nostra protagonista è Charlie, la quale soffre di autolesionismo. Ad oggi si sente parlare molto poco di questo disturbo che annienta l’anima, che la stessa Charlie definisce “autodistruzione consapevole”. Ciò che ci viene raccontato in queste pagine è una storia di sofferenza, ma anche di rinascita. Dove lo spazio vuoto da coprire con quelle cicatrici non sarà mai abbastanza, dove il buio interiore prende il sopravvento e tutto si ferma, rimane lì a fissare il vuoto dentro al tuo petto. Glasgow avverte che, pur essendo un romanzo dedicato ai giovani lettori, per desensibilizzarli, se il lettore non riesce a proseguire la lettura è fondamentale ascoltare il nostro animo. Non è un romanzo per tutti, poiché non tutti possono comprendere quella sofferenza che alberga dentro al petto e l’unico modo per far “uscire” quel veleno è l’autodistruzione. Ad oggi anche questa patologia è sottovalutata, ma sempre più frequente in una società sofferente dove il giovane non riesce ad emergere per ciò che è. Leggere questo libro mi ha aperto gli occhi, mi ha lasciato senza fiato per la sua potenza ma anche per la capacità empatica di poter togliere il velo a una sofferenza autodistruttiva.
Fonte: strega in biblioteca