“La rivoluzione di Basaglia, profeta globale”

Lo storico John Foot nel centenario della nascita dello psichiatra: “La chiusura dei manicomi ha avuto un impatto enorme nel mondo”.

Roma, 9 luglio 2024 – “Chiudere un manicomio con centomila persone è una cosa enorme, e c’è bisogno del giusto spazio per raccontarla”. A cento anni dalla nascita di Franco Basaglia (1924-1980), lo storico britannico John Foot riflette sull’importanza della figura dello psichiatra veneziano, protagonista del movimento che ha portato alla chiusura dei manicomi in Italia. “La sua figura ha suscitato dibattiti in molti paesi – spiega lo storico – Ha avuto un grande impatto globale”. Specializzato in storia italiana, Foot ha vissuto a Milano per vent’anni, dove ha imparato l’italiano e si è dedicato a molti studi sulla cultura e la storia del paese. Tra questi, il libro La “Repubblica dei Matti“. Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia 1961-1978 (Feltrinelli, 2014), nel quale ricostruisce la storia dello psichiatra, dei manicomi e della legge 180 – la cosiddetta legge Basaglia – che nel 1978 ne sancì la chiusura definitiva.

John Foot, com’è nata la sua passione per la storia e la cultura dell’Italia?

“Beh, c’entra con Firenze. Il professore con cui ho fatto il dottorato aveva vissuto a Firenze vent’anni. Poi mia nonna era nata a Bologna, quindi avevo già un legame con questo paese. Ma soprattutto è stato grazie al mio professore: nel mio dottorato ho lavorato sulla storia italiana. Quando sono andato a Milano l’ho trovata molto esotica, soprattutto venendo dal Regno Unito negli anni ‘80, che era un po’ grigio in confronto. Mi è piaciuta subito, sono rimasto lì vent’anni e ho imparato l’italiano”.

Che cosa l’ha portata a interessarsi alla figura di Franco Basaglia, e a ricostruire la sua storia ne La “Repubblica dei Matti”?

“È stato un po’ un caso. Ero a Trieste nel 2008, per l’anniversario della legge Basaglia, c’erano un sacco di eventi al riguardo. Mi sono appassionato e ho iniziato a pensare che avrebbe potuto essere un bel progetto di ricerca, soprattutto visto che l’Italia è stato il primo e unico paese europeo a chiudere i manicomi. C’erano tanti libri su Basaglia, ma non ce n’era ancora uno scritto da uno storico”.

Nel libro, lei ha scelto di concludere con l’approvazione della legge 180 nel 1978, senza poi soffermarsi sul dopo. Come mai?

“Ho sempre in programma di scrivere un secondo volume, su come la legge è stata applicata in maniera difforme sul territorio. Ho tantissimo materiale al riguardo, e anche per questo ho deciso di fermarmi. Il libro era già abbastanza lungo, è stata una scelta pratica più che politica o storica. Chiudere un manicomio con centomila persone è una cosa enorme, e c’è bisogno del giusto spazio per raccontarla”.

Qual è la situazione a 46 anni dalla legge Basaglia?

“Frammentata. L’Italia è stato l’unico paese a chiudere i manicomi e i manicomi criminali. In Inghilterra, per esempio, gli ospedali psichiatrici esistono ancora, ed è uscito un documentario l’anno scorso che ha rivelato cose atroci che accadono là dentro ancora oggi. L’applicazione della legge Basaglia in Italia comunque non è stata omogenea, e tuttora la qualità del sistema sanitario, specialmente per quanto riguarda la salute mentale, dipende dalla regione in cui vivi. Ricevi un trattamento diverso se stai in Lombardia o in Emilia-Romagna per esempio, e queste differenze sono destinate ad accentuarsi con la nuova legge sull’autonomia differenziata”.

Secondo lei, Basaglia era soddisfatto della legge 180?

“È una bella domanda. La legge è stata una sorta di compromesso, Basaglia non era d’accordo su tutto, non voleva il trattamento sanitario obbligatorio per esempio. Ma voleva far applicare la legge, chiudere i manicomi”.

Quanto è conosciuto Basaglia all’estero? Viene studiato nei corsi di psichiatria delle università?

“Basaglia è sicuramente molto conosciuto, forse una delle figure italiane più conosciute. Ha suscitato dibattiti in molti paesi, ha avuto un grosso impatto globale. In Brasile hanno praticamente copiato la sua legge. In Argentina, Spagna e altri paesi l’hanno rifiutata completamente. Comunque di lui nei corsi universitari arriva ben poco, sia in Italia che all’estero”.

Fonte: Quotidiano.net

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