“Le ragazze di Asti” accendono una luce su depressione e suicidio. 

Lo psichiatra Paolo Milone: “Dire che una persona scelga di suicidarsi non solo è sbagliato ma è offensivo verso la persona che compie l’atto”.

Il 18 maggio al Teatro Alfieri di Asti tre associazioni per ricordare la tragedia e le storie di tre donne che nei libri riponevano i loro sogni: Alessandra Appiano, Daniela Albertelli, Elisa Schininà.

Un male così subdolo e greve da cancellare ogni entusiasmo, ma così subdolo da non far scattare nelle persone vicine che no, non è un momento, non è un po’ di tristezza, ma è la depressione, male di vivere che deve essere curato come una qualunque malattia. No, dire “Dai fatti forza, dai che sarà mai, ma sì poi passa”, non aiuta… Anzi.

Per accendere una luce su un mondo di buio, da tre tragedie di donne, donne splendide e piene di vita, il 18 maggio al Teatro Alfieri di Asti si è acceso un faro con tre associazioni nate dalle famiglie di chi la vita ha deciso di togliersela perché “Faceva troppo male”.

Le tre associazioni sono “Amici di salvataggio”, “Un libro per Daniela”, “La voce di Elisa”.

Ad aprire la serata Alessandra Casella con un brano tratto dal libro di Paolo Milone.

È la sindrome maniaco depressiva ad avere spinto Alessandra, Daniela, Elisa“, presentando le tre associazioni.

Amici di salvataggio

Per l’associazione erano presenti due cari amici di Alessandra: “Siamo tutti survivor. Amici di salvataggio vuole proteggere le persone in difficoltà. Nessuno vuole togliersi la vita. C’è ancora lo stigma, sfuggono tutti. Ma ci sono delle responsabilità. Alessandra era ricoverata”

La mattina di domenica 3 giugno 2018 Alessandra Appiano, solare e splendida scrittrice astigiana, è fuggita dall’ospedale Villa Turro San Raffaele di Milano, dove era ricoverata per una grave depressione.

 Il suo corpo senza vita, con il braccialetto identificativo dei degenti e l’ago cannula della fleboclisi, è stato ritrovato sulla tettoia dell’Hotel Ramada. E’ stato il marito Nanni Delbecchi, avvisato dalle forze dell’ordine, a dare all’ospedale la notizia del decesso. Da quel momento Nanni e un piccolo gruppo di amici –la vera famiglia di Alessandra e Nanni- non hanno abbandonato l’idea di far nascere questa associazione, e questo luogo virtuale dove Alessandra possa continuare a esistere, e non solo. L’Associazione “Amici di Salvataggio” è nata per questo motivo, e al tempo stesso affinché gli enormi interrogativi senza risposta legati alla fine di Alessandra Appiano vengano affrontati, certi tabù vengano infranti, nella speranza che la medesima maledizione non si abbatta su altri. L’associazione non ha scopo di lucro e persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. In particolare intende promuovere la comunicazione delle problematiche sanitarie, sociali e legali legate al disagio mentale, con attenzione specifica alle disuguaglianze di classe e di genere.

 In particolare, desidera aprire una finestra sul nesso tra disturbi dell’umore e istinto suicidario e creare momenti di condivisione tra i cosiddetti “Survivor”. In coerenza con la lunga esperienza professionale e di volontariato di Alessandra, l’Associazione si propone diverse attività; incontri, proiezioni, dibattiti, attribuzione di riconoscimenti di carattere sociale, giornalistico e letterario. Il primo novembre 2018 Alessandra è stata accolta nel novero dei cittadini benemeriti e illustri della città di Milano il cui nome è presente nel famedio del Cimitero Monumentale, con questa motivazione letta dal sindaco Giuseppe Sala. “Scrittrice, giornalista, autrice e conduttrice di numerose trasmissioni televisive, vinse nel 2002 il Premio Bancarella con “Amiche di salvataggio”. I suoi libri, tradotti e letti in tutta Europa, esplorano l’universo femminile contemporaneo con arguzia e ironia. Milano nel 2013 le conferì l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza civica, per il suo impegno nel volontariato e nel sociale con Fondazione Exodus: sua l’ideazione del Mercato della Solidarietà giunto alla sua XVIII° edizione. Dal 2015 è stata ambasciatrice di Oxfam.

Un libro per Daniela

Carlotta Cavallo ha ricordato la passione della mamma per i libri e gli scopi dell’associazione “Un posto sicuro per sentirsi meno soli e ascoltati, da questo tragico evento abbiamo conosciuto un sacco di persone che ci aiutano” 

Qualche giorno dopo la scomparsa di Daniela Albertelli alcuni suoi amici insieme ai familiari, il marito e i figli, hanno deciso di fondare questa associazione con lo scopo di ricordarla e di condividere le sue passioni prima fra tutte i libri. La sua passione per la lettura vive ora nel progetto di “Un Libro per Daniela” creare un libro, una favola, che possa illuminare il cammino di grandi e piccoli. 

Oltre ai libri abbiamo deciso di cercare di far luce sull’ombra della depressione. La nostra visione è quella di un luogo sicuro, un rifugio, dove chiunque possa trovare il supporto di cui ha bisogno, ed anche soltanto un abbraccio. Il nostro impegno è di accogliere con gesti e azioni, anche piccoli, coloro che bussano alla nostra porta, garantendo loro assistenza e consiglio. Il progetto “Luogo Sicuro” è frutto dell’amore e della determinazione di una persona che ha affrontato una tragedia immensa, lottando contro una malattia spesso non riconosciuta neanche da chi ne soffre. Un luogo dove la comprensione sostituisce il giudizio, l’accoglienza sostituisce l’alienazione, dove si ritorni ad essere persone. Un luogo fisico di accoglienza, sostegno, dialogo che è stato realizzato grazie al supporto di amici che si sono resi disponibili ad accogliere le persone che ne hanno l’esigenza. Un luogo dove esperti e medici dedicano il loro tempo per offrire aiuto e assistenza. La depressione è una patologia, purtroppo, che può condurre all’ emarginazione sociale e a percezioni distorte del malato, come se fosse arrogante o superiore, o come se provasse un senso di inferiorità rispetto agli altri. In realtà, la causa è una malattia che provoca effetti devastanti. “Tuttavia, non siamo impotenti di fronte a questa realtà. Daniela, il faro luminoso della nostra missione, ci guida nel viaggio per combattere la depressione. Una lettrice appassionata, trovava conforto e speranza nelle pagine dei suoi amati libri. Attraverso una serie di eventi e workshop, desideriamo offrire momenti di condivisione, comprensione e speranza. Ogni evento è una tappa verso la luce, un passo verso la comprensione e un invito ad abbracciare chi, al momento, si sente perduto”.

La voce di Elisa

La mamma Antonia Bassignana. Elisa con il suo libro ha fatto sapere al mondo cosa vuol dire vivere con la depressione. L’associazione è nata da un gruppo per occuparsi specificamente dei giovani e dell’importanza dell’intervento immediato ‘

Associazione “La Voce di Elisa ODV” Salute mentale e prevenzione del disagio psichico L’Organizzazione di Volontariato “La Voce di Elisa ODV” nasce dall’incontro di due storie: la storia di Elisa Schininà, laureata in Design della moda e con un Master al Polimoda di Firenze,  che ha sofferto e ha combattuto perché la sua voce fosse ascoltata, e la storia del Progetto Giovani, programma di intervento precoce in età adolescenziale e giovane adulta del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL CN1, che da anni lavora sul territorio della ASLCn1. 

Da questo incontro è nata una nuova storia, che vuole radicare sul territorio la cultura del benessere psichico affrontando i problemi e le dinamiche insite del periodo adolescenziale e della prima età adulta, creando spazi di ascolto, intervento, condivisione, immaginazione, costruzione. “La Voce di Elisa” è un’organizzazione fondata da medici, psicologi, educatori, infermieri e assistenti sociali, con il supporto di genitori e volontari, e la sua attività è indirizzata alla prevenzione del disagio psicologico e delle patologie psichiatriche nei giovani. Durante tutti questi anni il Progetto Giovani ha cercato di dare spazio e voce alle difficoltà di tanti ragazzi sul territorio: parlare, raccontare, “fare rumore” sulle tematiche della prevenzione e della salute mentale. “Facciamoci conoscere dalla gente, usciamo dal coro, noi con disturbi dell’umore esistiamo, non siamo solo Voci Invisibili” (Elisa Schininà, “Noi, voci invisibili”, Ed. Le Château).

 “La Voce di Elisa” rappresenta il tentativo di uscire dagli ambulatori e di affrontare finalmente il tema della prevenzione in salute mentale su tutti i fronti. L’associazione organizza eventi ed incontri con lo scopo di promuove, tramite campagne e attività, la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro lo stigma sociale. Nel mese di ottobre ricorre il “Festival del rumore”, palinsesto con cui intende promuovere un’azione di sensibilizzazione culturale sul tema del benessere psichico attraverso un nutrito programma di eventi e approfondimenti, legati alla giornata Mondiale della Salute Mentale (Word Mental Health Day), iniziativa che si celebra il 10 ottobre di ogni anno, istituita nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la salute mentale (WFMH) e riconosciuta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Uno degli obiettivi della associazione è la promozione e la sensibilizzazione sul tema del benessere mentale con un’attenzione particolare al mondo adolescenziale e giovanile. La salute mentale intesa nell’accezione positiva, come risorsa centrale per consentire a ogni individuo di esprimere il proprio potenziale, sviluppando quelle che l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) definisce le Life skills (OMS, 1994).

L’incontro a Teatro è stato condotto da Alessandra Casella e le voci di chi non c’è più sono tornate con i libri che amavano tanto letti da: Maurizio Rasero, Diego Dalla Palma (che ha mandato un video), Vittoria Dezzani, Barbara Mogni, Marco Garavaglia, Lella Costa amica e parente di Elisa e amica di Alessandra.

Un po’ di rabbia ha cittadinanza in noi”, ha detto l’attrice dedicando a Elisa Oscar e la dama rosa che racchiude il senso del tempo.

Maurizio, amico di Daniela ha voluto ricordare la sua figura e i libri che ha sempre portato a casa sua.

“Uno dei libri riguardava gli alpini, mentre per mio papà regalava libri di Vespa, ha aiutato a fare crescere la Cultura” .

Il giornalista Vanni Cornero ha intervistato Paolo Milone , psichiatra e scrittore. 

Paolo Milone

 Paolo Milone, genovese, è uno psichiatra che ha lavorato in un centro di salute mentale e poi in un reparto ospedaliero di psichiatria d’urgenza. Ma è anche uno scrittore, raro esempio, con Mario Tobino che coniuga la scienza medica della sua specializzazione con la capacità di raccontare le sue esperienze umane nell’esercizio della professione. I due libri che finora ha scritto: “L’arte di legare le persone” e “Astenersi principianti” (pubblicati da Einaudi) sono un indiscutibile successo di critica e pubblico. “

“La depressione – spiega – si può definire una alterazione nella funzionalità dei neurotrasmettitori cerebrali. Ha una base genetica, o familiarità, non eccessiva, ma presente. Questa malattia funziona come il virus di un computer: prende il comando della tua mente, influenza la tua volontà, diventi abulico, astenico, hai rallentamenti del pensiero e provi mancanza di speranza e di senso critico. Il malato non ha coscienza di quel che gli accade  come un diabetico o un iperteso non si accorge all’inizio di essere diabetico o iperteso. Una volta che la depressione ha preso il comando del cervello, altera tutte le funzioni psichiche: quello che si prova è solo un grande dolore, le idee sono solo tristi, la volontà non esiste più, il pensiero e l’azione sono rallentati, la attenzione è limitata, non hanno alcuna speranza di migliorare. Vivono in un mondo depressivo, doloroso, e in questo modo si avvicinano all’idea del suicidio. Ma l’idea del suicidio è dovuta alla malattia non a loro. Non è la loro volontà che ragiona e decide rispetto al suicidio, ma la depressione”. 

“Chi compie questo gesto – sottolinea lo psichiatra – si trova in uno stato oniroide in cui, se fallisce nel suo intento, al risveglio, spesso, non si riconosce più, ed ha paura di quello che ha fatto. Quindi dire che una persona scelga di suicidarsi non solo è sbagliato ma è offensivo verso la persona che compie l’atto. Il potenziale suicida si trova in uno stato psicotico serio per cui devono entrare in campo servizi medici in grado di identificare, capire e curare la patologia. Il meccanismo che si innesta è quello del cessare di resistere. Il malato non pensa: starò bene solo quando sarò morto, ma si domanda perché continua a vivere. Quindi il suicidio è una rinuncia, un abbandono alla corrente. Non è una decisione volontaria”.

Dopo le considerazioni del presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici Claudio Lucia, La fine della vita che conoscevo” contributo artistico di Lella Costa. A seguire proiezione del docufilm “Amica di salvataggio”, ispirato al romanzo omonimo di Alessandra Appiano, vincitore del Premio Bancarella 2003.

Fonte: La Voce di Asti

You May Also Like

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *