“Una compagnia di poeti, di persone, di disperati che vogliono dare attraverso l’arte del teatro la loro visione del mondo». Maria Elena Leone è attrice, autrice, regista e pedagoga della compagnia Teatro del Mare, nata a Taranto nell’ambito del laboratorio teatrale che svolge da 14 anni negli spazi del centro diurno “Maria D’Enghien”. E’ qui che Leone si incontra con attori e attrici in riabilitazione psichiatrica che frequentano con passione ed entusiasmo le attività della struttura gestita dalla cooperativa Seriana2000 presso il Dipartimento di Salute Mentale della Asl di Taranto.
Un percorso psico-educativo che in questi anni è particolarmente cresciuto, anche perché i partecipanti «seguono il corso di teatro e quello di scrittura, due laboratori complementari rispetto all’arte della parola, dell’incontro con l’altro. E questo, anche grazie al supporto del Dipartimento di Salute Mentale diretto da Maria Nacci che ha sempre sostenuto e seguito il progetto» dice Leone. «Teatro e scrittura, infatti, rappresentano il connubio necessario non solo nel campo della salute mentale, ma in tutti i percorsi di riabilitazione per persone in condizioni di fragilità. Non a caso, il nostro laboratorio ha un ricambio continuo, motivato sia dai nuovi utenti del centro diurno sia da alcune persone che pur avendo terminato il loro percorso di cura continuano a venire per vivere questa esperienza». Perché nella compagnia Teatro del Mare tutti sono protagonisti, si sentono parte della comunità e possono condividere una loro idea, un loro pensiero. La loro visione del mondo.
Teatro e scrittura rappresentano il connubio necessario non solo nel campo della salute mentale, ma in tutti i percorsi di riabilitazione per persone in condizioni di fragilità
«I ragazzi non partecipano solo come attori, ma anche come autori dei testi da portare in scena ed in questo modo possono esprimere la loro visione del mondo, anche dal punto vista sociale, politico, dell’impegno» spiega la regista Leone. «Una delle produzioni che da tempo portiamo in giro nei teatri italiani, per esempio, è “Déjeuner sur l’herbe ovvero La resistenza degli ulivi”, una metafora della resistenza di un popolo, quello tarantino, contro l’inquinamento dell’acciaieria ex Ilva». Il teatro e la scrittura, quindi, per rimettere al centro del pensiero l’uomo, la persona, con i suoi limiti, la sua normalità, le sue imperfezioni. «Nella salute mentale il teatro riacquista il suo spazio di verità e spontaneità condivise a scapito del tecnicismo, dell’esibizionismo, della competizione becera a cui ci sta abituando la nostra società» evidenzia Leone. «Il teatro consente di riacquistare spazi di libertà, di verità, costruendo luoghi di autenticità, di benessere, di coesione. Il teatro ci mette in contatto con la parte più vera di noi stessi».
Il teatro consente di riacquistare spazi di libertà, di verità, costruendo luoghi di autenticità, di benessere, di coesione. Il teatro ci mette in contatto con la parte più vera di noi stessi
Scrivere un testo, condividerlo, fare le prove, andare in scena, recitare. Un lavoro di gruppo che richiama all’importanza del singolo, di sapersi ascoltare, di provare a capirsi. Soprattutto nella sfera del teatro sociale, legato ad un tema così delicato come quello della salute mentale. «Il teatro parte dalla verità poetica di ognuno nella sapiente costruzione di un processo di consapevolezza, di riconoscimento di fare parte di una comunità, di qualcosa di più grande: l’atto teatrale non è un prodotto, ma l’incontro con un’altra visione del mondo che dice, esprime, evoca».
Oltre a quello della recitazione, i laboratori di teatro e scrittura hanno dato anche un altro frutto, il libro “Darsi le parole. Scrittura e teatro come pratiche di liberazione. Un’esperienza” (Negretto editore), in cui Maria Elena Leone racconta in chiave narrativa l’esperienza realizzata presso il centro diurno “Maria D’enghien” di Taranto.
Fonte: Vita.it