di Rocco De Luca, redattore di Sogni&Bisogni
“Guardare il tg con la traduzione nella Lingua dei segni mi ha incuriosito, fin da quando ero bambina. Allora non sapevo cosa fosse la LIS, ma mi incantavano le mani dell’interprete che si muovevano.
Crescendo la curiosità è rimasta. Prima di studiarla a mia volta, ho avuto poche occasioni di interazioni con persone sorde segnanti, ma in quelle poche occasioni ho capito che la comunicazione era incompleta, che mancava qualcosa e io non ero riuscita a dire tutto quello che avrei voluto”. Fabiana Barlafante lavora a Spazio Rondine per la cooperativa Società Dolce e che ha usato la Lingua dei segni nel suo lavoro di educatrice con persone sorde e non solo.
Dopo essersi laureata in Scienze dell’educazione a Bologna, Barlafante ha studiato la Lingua dei segni presso l’associazione LIS-Learning e poi si è iscritta al corso per diventare interprete. In Italia non c’è un percorso di studi standardizzato, ma corsi di formazione suddivisi in livelli, al termine dei quali si può sostenere un esame. I corsi sono organizzati da enti, scuole e associazioni come, ad esempio, l’Ente nazionale sordi (Ens) che è presente in ogni regione d’Italia, anche a Bologna.
Che cos’è la Lingua dei segni italiana?
La LIS è la lingua usata dalle persone sorde e udenti appartenenti alla Comunità sorda italiana, che comprende circa 40 mila persone, ed è stata riconosciuta ufficialmente in Italia nel 2021. Si stima, considerando anche le persone udenti, che la Lingua dei Segni italiana sia conosciuta e utilizzata da circa 100 mila segnanti.
Le persone nate sorde o che hanno perso l’udito nei primi anni di vita non possono acquisire naturalmente la lingua parlata quindi hanno spontaneamente adottato un sistema di comunicazione e sviluppato una lingua che sfrutta il senso integro cioè la vista.
I sordi non sono muti, è errato parlare dei sordi identificandoli con il termine “sordomuti” oltre che offensivo, il loro apparato fono articolatorio è integro, le difficoltà nella modulazione della voce derivano dal deficit uditivo e per questo motivo per imparare a parlare intraprendono percorsi di logopedia.
“Molte persone credono che la LIS non sia altro che l’italiano tradotto in segni invece è paragonabile per complessità ed espressività alle lingue parlate e la ricerca ne ha dimostrato le potenzialità nell’educazione delle persone sorde e non solo – spiega Barlafante – La LIS viene usata infatti anche da bambini e persone udenti con disturbi della comunicazione per i quali l’uso della voce è temporaneamente o definitivamente impossibilitato”.
La LIS è una lingua diversa da quelle parlate perché basata sulla vista invece che sull’udito ma è in grado di rendere idee complesse, astratte, sfumature di significato e, come per ogni lingua, vengono costantemente introdotti dalla comunità nuovi vocaboli dettati dai cambiamenti del trascorrere del tempo.
Il termine lingua è molto importante, spesso si sente parlare di linguaggio dei segni o addirittura linguaggio dei gesti, ma è sbagliato. Lingua e linguaggio sono due termini che esprimono concetti molto diversi e la LIS è una lingua. Tutte le lingue del mondo presentano delle caratteristiche comuni chiamate “principi” e la LIS, come tutte le lingue del mondo, possiede tutti i principi per i quali può essere definita una lingua con proprie regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali. “Non è una lingua universale ma, essendo una lingua naturale, trova le sue radici nel contesto, nella cultura e nella comunità in cui nasce”, spiega Barlafante. Tante sono le lingue vocali, altrettante sono le lingue dei segni, dialetti o varianti regionali comprese. In Italia quindi esiste la Lingua dei segni italiana (LIS), in America la Lingua dei segni americana (ASL), nel Regno Unito la Lingua dei segni britannica (BSL) e così via.
Non tutte le persone sorde utilizzano la Lingua dei Segni, ci sono infatti sordi segnanti, oralisti e bilingui. I sordi segnanti comunicano o preferiscono comunicare con la Lingua dei segni, spesso un sordo segnante è anche bilingue ovvero è capace di padroneggiare sia la lingua italiana che la LIS. Un sordo oralista invece non conosce la LIS o preferisce non usarla perché risponde sempre con la voce.
L’esperienza diretta
Per alcuni anni, Fabiana Barlafante ha collaborato con la Fondazione Gualandi, un ente privato che promuove azioni per migliorare la qualità della vita delle persone sorde. “Mi occupavo principalmente di laboratori promossi a favore di persone sorde di origine straniera che in Italia spesso si ritrovano in condizioni sociali e comunicative di grande disagio – spiega – Si tratta di persone che hanno lasciato i loro punti di riferimento costruiti nella comunità in cui sono nati e sono in cerca di un nuovo orientamento, di nuova ridefinizione sociale e identitaria. Un percorso già complesso e accentuato dalla difficoltà comunicativa derivante dalla loro sordità, da percorsi riabilitativi tardivi e di esito incerto, da diversi livelli di scolarizzazione e dalla carenza linguistiche che rendono molto impervio il cammino verso l’integrazione e l’inclusione sociale”.
Orticoltura, cucina, educazione civica, informatica, riparazione biciclette, falegnameria, italiano, LIS, uscite sul territorio. Sono alcuni dei laboratori organizzati, con la collaborazione di molti professionisti, per consentire alle persone di acquisire competenze, autonomia e fiducia in sé stessi.
Fabiana Barlafante ha collaborato anche con un progetto ideato da un gruppo dell’Impresa Sociale Archè Comunità Arcobaleno in collaborazione con le biblioteche comunali della Pianura Est di Bologna. “Il progetto è nato dall’idea che l’accesso alla cultura e all’arte in tutte le sue forme sia un diritto di tutti e che esse debbano essere pensate prendendo in considerazione le diverse abilità – dice – Abbiamo portato nelle biblioteche letture animate accessibili e raccontato le storie attraverso diversi canali comunicativi: la voce, la LIS e la Comunicazione Aumentativa Alternativa. A volte basta poco per far sì che tutti, nessuno escluso, possano capire e partecipare attivamente”. Usare la Lingua dei Segni e strategie di comunicazione alternative permette di poter comprendere ed esprimersi attraverso un canale comunicativo più adatto a ciascuno di loro.
Il concetto di inclusione
Inclusione significa dare a tutti gli strumenti più idonei per vivere, partecipare alla vita della comunità, per crescere e imparare. Il processo inclusivo però, spesso, viene meno perché non si condivide una lingua o la lingua più in linea con le necessità della persona non è sostenuta da adeguate risorse e misure da parte della società.
“Non si può parlare quindi di inclusione fino a che ogni aspetto della vita, della cultura, dell’apprendimento, della crescita non sarà accessibile a ogni persona a prescindere dalla sua disabilità – conclude Fabiana Barlafante – La riuscita di questo processo di cambiamento iniziato ufficialmente due anni fa con il riconoscimento della LIS, dipende indubbiamente dalla gestione sociale e politica del nostro Paese ma anche ognuno di noi può fare qualcosa anche semplicemente informandosi”.
Fonte: Sogni e Bisogni