Dal Recovery College di Casalecchio arrivano le voci di chi si è trovato a vivere momenti di profonda fragilità e chi con il proprio impegno quotidiano aiuta a riprendere in mano la propria esistenza e riconquistare autonomia
Cura della salute mentale attraverso un percorso per il benessere: così i pazienti dell’Ausl di Casalecchio di Reno imparano vivere in armonia nonostante le difficoltà della patologia mentale. Attraverso un sentiero di riabilitazione, molte persone sole e in difficoltà sono riuscite a riprendere in mano la loro vita e riconquistare la propria autonomia. Al Distretto di Cimarosa, la Dott.ssa Sabina Alessi, responsabile del Csm di Casalecchio di Reno, Morena Di Prinzio, infermiera, Silvia Bargellini, professoressa di attività motoria e alcuni utenti del Servizio presenti, hanno illustrato il ‘Recovery College‘, i suoi obiettivi e i principi di questo progetto.
La storia di Zoe
Zoe (nome di fantasia) proviene da una famiglia chiusa e claustrofobica che le privava della libertà di scoprirsi e di essere sé stessa. “Passavo le giornate a letto, non uscivo, la solitudine diventava inevitabile perché non volevo ammettere di avere un problema, tutto quello che facevo doveva essere approvato dai miei genitori” ha detto la ragazza. Le uniche volte in cui parlava con persone al di fuori della sua famiglia era con qualche amico al telefono; aveva paura di tutto il resto. “Quando parli a telefono con qualcuno che conosci sai cosa aspettarti, sai come si comporterà e quindi ero tranquilla” ha raccontato. Il momento in cui è uscita dal blocco è stato quando si è resa conto che non tutte le famiglie erano come la sua e da lì ha iniziato a cercare nuovi ambienti. “Confrontandomi con altre persone mi sono resa conto che gli altri avevano un rapporto diverso con la propria famiglia” ha continuato Zoe. “Da quando mi sono distanziata da loro mi sento libera di fare e di esprimermi come voglio” ha concluso.
La storia di Vincenzo
Vincenzo è un artista che, dopo un lungo periodo di vulnerabilità, si è unito al Recovery College. “Nel momento della mia psicosi non producevo più e non lavoravo più, non riuscivo a badare a me stesso e vivevo con i miei genitori” ha confessato. “Sono arrivato – continua il signore – al punto in cui ero in grado di contare sulle mie forze quando è morto mio padre, da quel momento, ho raccolto il coraggio di responsabilizzarmi con l’aiuto del Recovery College”. Col tempo Vincenzo ha ricominciato a prendersi cura di sé stesso, e oggi gestisce un’associazione insieme a sua sorella, che si occupa di percorsi di recupero attraverso l’arte.
La storia di Zara
Zara ha condiviso le proprie difficoltà che sono esplose con il periodo della pandemia. “Anche se si voleva uscire e incontrare gente era proprio impossibile il che alimentava la solitudine” ha raccontato la ragazza. La parte del percorso che è servita di più a Zara è quella che ti insegna a non ricadere nello stesso stato di malessere. “All’inizio non mi fidavo molto perché avuto in passato esperienze simili con le psicoterapie di gruppo in cui non mi sono trovata bene, percepivo una forte distanza tra me e lo psichiatria e quindi ho lasciato”. La struttura era molto diversa al Recovery College, si creava una comunità tra le persone e Zara l’ha trovato un ambiente molto accogliente.
Cos’è il Recovery College
La scuola del benessere parte dalla “speranza e dalla creazione di un’aspettativa positiva nei confronti della vita, di sé stessi e di ciò che ci circonda” ha spiegato di Prinzio. Stare bene non deve per forza significare la stessa cosa per tutti; l’importante è capire il significato personale nell’esperienza della malattia mentale e recuperare il controllo sulla propria vita e sui sintomi che si possono avere e provare. È altrettanto importante “personalizzare la cura e scegliere le fonti di supporto”, il tutto con lo scopo finale di riacquisire la propria identità. Il tutto si incentra su “un approfondimento del benessere e sul diventare studenti del proprio benessere per capire cosa ci fa stare bene e ci rende noi stessi” ha aggiunto la dott.ssa Alessi.
La strada viene solitamente suddivisa in cinque fasi come delineato dalle linee guida: il blocco, l’accettazione dell’aiuto, la fiducia in sé stessi, l’apprendimento e infine il rafforzamento delle proprie risorse. Il primo stato d’animo è brutto e cupo, ci si sente vulnerabili e incapaci di reagire ai propri problemi o si cerca attivamente di ignorarne l’esistenza. La barriera più difficile da attraversare è quella che separa il primo passo dal secondo, quando il paziente si rende conto di avere un problema e raccoglie il coraggio di chiedere aiuto. Il muro crolla grazie alla spinta di persone care e alla volontà da parte del paziente di cambiare le cose. Poi tocca credere in sé stessi, decidere cosa si vuole trarre dal percorso e da sé stessi ed essere aperti a nuovi modi di fare le cose.
Non è mai facile, infatti bisogna imparare, spesso sbagliando, ma con il tempo si cresce e si trova un modo per superare gli ostacoli della vita. La destinazione finale è acquisire gli strumenti per tornare in sella, sapere cosa è meglio per sé stessi e come ottenerlo, senza dimenticare che ci sarà sempre una rete di assistenza pronta a sostenere in caso di ulteriori difficoltà.Le cinque vie del benessere.
Il corso insegna a esplorare il benessere e a conoscersi meglio attraverso l’implementazione di una serie di attività nella vita quotidiana. Si sottolinea l’importanza di coltivare le proprie relazioni, cercare il positivo negli altri e permettere agli altri di vedere il positivo in te. È altrettanto cruciale mantenere l’attività fisica, muoversi, camminare e fare esercizio per aumentare la propria autostima.
“Bisogna mettere enfasi sulla differenza tra attività fisica e sport perché non sono esattamente la stessa cosa “ha sottolineato Bargellini. “Muoversi per una camminata o una corsa può migliorare l’umore e la salute fisica, riduce lo stress e gli effetti della depressione e dell’ansia per questo noi invitiamo la gente ad includere qualche attività del genere nei propri ritmi quotidiani” ha spiegato l’assistente.
Tornando alle altre vie; non bisogna dimenticare – raccontano di rimanere curiosi, di non chiudersi in sé stessi, provare cose nuove e non avere paura di fare nuove scoperte che possano stimolare e far imparare. Infine, la generosità è fondamentale: compiere piccoli gesti di altruismo può aumentare la propria felicità e quella degli altri, contribuendo positivamente alla comunità; il volontariato è fortemente consigliato. Uscire da momenti difficili non è mai facile, ma è importante non arrendersi, sia per sé stessi che per chi è attorno a noi. Il personale dell’Ausl è sempre pronto ad indicare una via d’uscita ed estendere una rete pronta ad accogliere coloro che hanno perso il sentiero del benessere. Trovare sé stessi significa anche responsabilizzarsi e ritrovare il potere di cambiare la propria vita e fare ciò che si desidera senza alcun timore o paura.
Fonte: BOLOGNATODAY