Tiziana Metitieri, neuropsicologa: “Non fare rientrare nella povertà le fasce più deboli della popolazione può avere effetti benefici quasi quanto un trattamento psicoterapeutico o con anti depressivi”
ROMA – È un paese miope quello che, con un colpo di spugna, toglie il reddito di cittadinanza a una buona fetta della popolazione che ne ha finora usufruito, senza interrogarsi sulle conseguenze che questa decisione avrà sull’equilibrio psico-fisico di una fascia di persone già in condizioni di vulnerabilità fisica e sociale. “Mi ha estremamente colpito il silenzio su questo tema – dice a Redattore Sociale Tiziana Metitieri, neuropsicologa all’Ospedale Meyer di Firenze e divulgatrice sui temi psicologici e di salute mentale –. Dopo tanto rumore sul tempo libero e la salute mentale dei giovani, specie dopo e durante la pandemia, è davvero sorprendente che nessuno si curi delle conseguenze che la soppressione del reddito di cittadinanza possa avere sugli adulti. È noto infatti da tempo come la perdita del reddito e del lavoro rientri, negli adulti, tra le cause di disturbi mentali e di suicidio”.
A questo proposito la neuropsicologa cita uno studio pubblicato lo scorso anno su Lancet dal titolo “Come i cambiamenti di reddito influiscono sulla salute mentale e sul benessere degli adulti in età lavorativa? Una revisione sistematica e meta-analisi”. “Questo studio sul rischio dei fattori socio-economici sulla salute mentale mette in luce l’impatto che la perdita o l’abbassamento del reddito può avere sull’esordio di disturbi mentali. Tale effetto negativo risulta più consistente del benessere psicologico che si ottiene con un cambiamento di senso opposto, cioè degli effetti positivi che si possono ottenere a fronte di un incremento del reddito”, afferma. Lo studio, tuttavia, si spinge anche oltre, fino a equiparare una misura di sostegno contro la povertà a un intervento terapeutico: “Non fare rientrare nella povertà le fasce più deboli della popolazione può avere effetti benefici quasi quanto un trattamento psicoterapeutico o con anti depressivi”.
D’altra parte, che le disuguaglianze sociali siano associate a un aumento del rischio per molti disturbi mentali è cosa nota. Lo afferma, tra gli altri, uno studio dal titolo “Determinanti sociali della salute mentale” pubblicato nel 2014 dall’Organizzazione mondiale della sanità che evidenzia come le persone esposte a circostanze sociali sfavorevoli presentino un rischio maggiore di insorgenza di disturbi mentali. “Cancellando una misura di sicurezza sociale, come il reddito di cittadinanza, per una quota rilevante di popolazione si andrà incontro a un incremento di cattiva salute, con conseguenze sull’esclusione sociale – spiega Metitieri –. Se poi ci aggiungiamo gli effetti della pandemia, l’aumento dei prezzi, la crisi climatica con le ripercussioni anche economiche nelle zone colpite da eventi meteorologici estremi risulta chiaro che stiamo esponendo una parte della popolazione a conseguenze gravi sulla salute mentale”. Un effetto, quest’ultimo, che dopo gli adulti si ripercuoterà anche sui minori in una spirale di povertà, esclusione e disagio mentale che ridurrà ulteriormente le possibilità di accesso a un buon livello di istruzione e di opportunità per il presente e per il futuro. A lungo andare, infine, il disagio di alcuni diventerà un disagio per l’intera società. “Dove andranno, infatti, le persone povere una volta comparsi i disturbi mentali? – si chiede la neuropsicologa –. Si riverseranno nei pronto soccorso e nei reparti di emergenza, generando maggiori costi per un sistema sanitario già così povero di risorse. Insomma, restringendo i beneficiari per una misura di protezione come il reddito di cittadinanza andiamo incontro a scenari davvero preoccupanti”.
Fonte: REDATTORE SOCIALE