Nelle Case di Riposo del Trentino non solo ci sono ospiti anziani con patologie sempre più gravi ma anche utenti con una lunga storia psichiatrica che vengono inseriti nel circuito delle Rsa più precocemente rispetto alla media dell’età di ingresso. Situazioni che vedono le strutture in difficoltà nella gestione. La presidente di Upipa: “E’ uno dei tanti casi che dobbiamo gestire in una situazione di emergenza e di non corretta programmazione”
TRENTO. Piero (nome di fantasia) è un utente psichiatrico ospitato in una casa di riposo che si trova in una valle del Trentino. Di recente ha tentato il suicidio. Tanti altri si trovano nella stessa situazione che poco ha a che vedere con l’utenza di una Rsa ma che nel corso degli anni si è diffusa a causa di un sistema carente di alternative.
“Nessuno trova un posto per queste persone e allora vengono mandate da noi. Non siamo di certo qui a chiedere di ghettizzare ma è vero che la situazione è difficile. Lo abbiamo segnalato più volte ma fino ad ora non abbiamo ottenuto risposta” spiega il direttore di una Casa di Riposo che si trova nelle valli del Trentino.
Quella di Piero è una delle drammatiche situazioni che si stanno vivendo in alcune strutture. Non solo ci sono ospiti anziani con patologie sempre più gravi ma anche utenti con una lunga storia psichiatrica che vengono inseriti nel circuito delle Rsa più precocemente rispetto alla media dell’età di ingresso. Motivo? Non ci sono al momento in Trentino altre soluzioni. La psichiatria in alcuni casi alza purtroppo bandiera bianca.
“Questo problema esiste ed è sentito soprattutto nelle valli” spiega a il Dolomiti, Michela Chiogna, presidente di Upipa. “E’ già stato denunciato formalmente – continua – in alcune strutture dell’Alto Garda e di Ledro” .
Le criticità, nonostante i numeri non siano elevati, si registrano anche in altre zone del territorio e per le Rsa che si trovano già in difficoltà con il personale e con i tanti impegni da portare avanti, affrontarle sta diventando sempre più difficile.
“Non essendoci altre possibilità – continua la presidente di Upipa – questi utenti psichiatrici spesso non anziani vengono mandati in una casa di riposo. Ma ovviamente non siamo le strutture adeguate. C’è tutta una fascia di utenti psichiatrici dai 40 ai 50 anni che possono rimanere in una struttura per anni quando i servizi offerti sarebbero per un altro tipo di utenza”.
Il problema, ha spiegato Upipa a il Dolomiti, è stato più volte fatto presente alla Provincia ma fino ad ora non si sono trovate delle soluzioni. “Nessuno parla di ghettizzare – spiega Chiogna – ma il rischio è che non si riesca a fornire servizi adeguati per situazioni delicate. E’ una delle tante situazioni che dobbiamo gestire in una situazione di emergenza e di non corretta programmazione”. Un problema che va ad aggiungersi a quello delle demenza. “Il 70% delle persone in casa di riposo – continua la presidente di Upipa – ha problemi cognitivi. Per cui l’impegno è giù molto importante. Se come strutture vogliono farci fare altre cose, allora servono anche altre risorse per riuscire a dare servizi di massima qualità”
“STIAMO LAVORANDO PER SOLUZIONI ALTERNATIVE”
“E’ un tema davvero molto complesso” spiega Claudio Agostini, direttore del Dipartimento transmurale di salute mentale nonché dell’Unità operativa di psichiatria Nord dell’Apss.
“Certamente – continua – nel circuito delle Rsa del Trentino sono accolti anche utenti psichiatrici, come sono accolti utenti con altre patologie, nel principio che il cittadino che ha problematiche di questo tipo ha diritto ad avere lo stessa assistenza di qualunque altra persona”.
Un principio generale, questo, culturalmente condivisibile. Esistono però delle eccezioni. “Parliamo di quegli utenti con una lunga storia psichiatrica e che sono stati inseriti nel circuito delle Rsa più precocemente rispetto alla media di età d’ingresso, in età quindi pre-senile. Succede quando i percorsi terapeutici, assistenziali e riabilitativi sono esauriti”.
In Trentino i casi non sono molti ma si sta cercando di lavorare per trovare una soluzione. “Sono allo studio – spiega Agostini a il Dolomiti – tra Apss e Provincia ipotesi più mirate che tengono conto di queste patologie. Con onestà intellettuale dobbiamo poi guardarci negli occhi noi psichiatri e discutere su certe situazioni. Certe volte si alza bandiera bianca senza pensare ad alternative”.
Fonte: il Dolomiti