Martedi 9/05 verranno presentati Ritorno a Basaglia? e Fame d’aria presso via dei Barbieri 7 in Roma. L’evento è patrocinato da Psichiatria Democratica e vi partecipano Vinzia Fiorino e Antonello D’Elia. Per prenotare inviare una mail a info@spaziosettelibreria.it
Ritorno a Basaglia?
Storiografo appassionato e scrupolosissimo della psichiatria, principalmente italiana di fine ottocento e di epoca fascista, Paolo Peloso affronta con questo suo ultimo libro l’impresa ambiziosa di scrivere la storia di qualcosa che è ancora in essere: la storia dello psichiatra Basaglia, del movimento di de-istituzionalizzazione, della 180, dei suoi sviluppi ed esiti fino ad oggi.
Come scrive Peloso il pensiero di Basaglia fu animato “da una duplice tensione ideologica verso un obiettivo politico ambizioso ma raggiungibile (e in definitiva raggiunto) e verso un obiettivo filosofico forse impossibile (trovare un libero spazio per la follia nel mondo della ragione)” (p. 415). Sono questi i due registri che animano le 468 pagine di questo libro appassionante, che spesso ci porta a avanti e indietro nel tempo confrontando posizioni, affermazioni e ambizioni dell’epoca con le realtà operative attuali. L’opera di Peloso è accuratissima, si avvale di non meno di 500 riferimenti bibliografici, di svariate immagini suggestive e di Qrcode per accedere alla documentazione video. Oltre al lavoro storiografico, l’intera opera di Basaglia è affrontata con piglio filologico e critico, dalle sue basi fenomenologico-esistenziali (capitolo 3) fino ai lavori sulla necessità della de-istituzionalizzazione, e le domande spesso filosofiche di “Cosa è la psichiatria?” e della Conferenze brasiliane. Non manca ovviamente la rievocazione minuta e documentata degli eventi chiave e delle tappe del cammino rivoluzionario basagliano (Cap. 4-7). Si tratta dunque di un’opera storiografico/critica che ripropone, attraverso Basaglia, alcune domande essenziali sui fondamenti epistemologici, etici e sociali della psichiatria.
Fonte: Psychiatryonline
Fame d’aria
Fame d’aria di Daniele Mencarelli (Mondadori) è stata una conferma. Dopo la trilogia ideale, composta da La casa degli sguardi, Tutto chiede salvezza e Sempre tornare, trovate tutte le recensioni qui sul blog, l’autore sceglie di scrivere qualcosa di diverso.
Non posso chiamare Fame d’aria un romanzo perché è una forma molto breve. Incrociamo i protagonisti e così come li abbiamo incontrati li lasciamo… non sappiamo cosa ne sarà di loro anche se possiamo immaginarlo. Non fraintendete, Fame d’aria è perfetto così com’è, pagine in più lo avrebbero rovinato.
La storia è molto semplice, se così si può dire. I protagonisti sono Pietro e Jacopo che a causa di un guasto all’auto rimangono bloccati in un paesino: Sant’Anna del Sannio. Ovviamente la Golf ha abbandonato Pietro con un tempismo che farebbe sorridere: venerdì pomeriggio. Un intero fine settimana da trascorrere in un paese in cui non c’è nulla. Durante questa interminabile attesa Oliviero metterà a posto la loro macchina. Pietro deve andarsene per forza lunedì, vuole raggiungere la moglie e festeggiare l’anniversario di matrimonio nel posto in cui si sono conosciuti e innamorati.
Padre e figlio da soli per il weekend, soli sempre. Quando arrivano in paese tutti guardano Jacopo: dondola, non guarda nessuno e l’unico verso che riesce a pronunciare è: “Mmmmmmhhh”. Impossibile non posargli gli occhi addosso, impossibile non provare pietà per quel genitore che sembra così giovane e così vecchio insieme.
L’azione in Fame d’aria è ridotta al minimo: i due fanno la conoscenza di Agata che gestisce bar e ristorante: sarà lei ad ospitarli in quella che era la vecchia pensione del paese. Pietro farà anche la conoscenza di Gaia ma… tutta la storia si svolge nell’interiorità di Pietro.
Questo padre esausto, costretto a fare i conti, costretto a non trovare una via di comunicazione con Jacopo ha una rabbia spaventosa dentro. “Deve essere difficile” pensiamo tutti ma in realtà non sappiamo come sia badare a una persona che non solo non è autosufficiente, ma a una persona con cui non riusciamo nemmeno a parlare. Questo è un tema molto delicato, mi rendo conto che parlarne non è facile.
La rabbia di Pietro è verso Dio, verso il mondo, verso Jacopo che chiama “Lo Scrondo” come un ridicolo personaggio tv. Che cosa ne sappiamo noi delle delusioni di Pietro? Dei corsi a cui Jacopo ha partecipato senza “rendere”, delle terapie che non funzionano… io per fortuna nulla ma molti di voi che stanno leggendo sanno perfettamente come ci si sente.
Fonte: La lettrice controcorrente