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Allegre, belle, eleganti e coloratissime: sono le bambole africane realizzate con carta riciclata all’interno del laboratorio creativo della cooperativa sociale Era del gruppo Gesco.
Quello promosso dal Centro Diurno di riabilitazione psicosociale Lavori in Corso (dell’Unità Operativa di Salute Mentale Ds 29 dell’Asl Napoli 1 Centro) si differenzia da tutti gli altri perché è un laboratorio “a cielo aperto”, cui possono partecipare tutti, utenti, operatori, artisti, curiosi, semplici passanti.
Si tiene, infatti, praticamente per strada: ai tavolini del bar di Giuseppe Giovinetti che si trova al Borgo Vergini. Uno spazio molto frequentato da artisti italiani e internazionali, tra cui Jago (che ha esposto ultimamente l’opera “Lookdown” in piazza del Plebiscito). È qui che una volta alla settimana avviene questo “piccolo miracolo”: tutti insieme, persone che frequentano il centro Lavori in Corso ma anche semplici cittadini, condividono un momento creativo unico dando vita al progetto “Ubuntu”.
Il progetto Ubuntu: da cannucce di carta a bambole africane
“In Africa esiste un concetto noto come Ubuntu, il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri; se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri”, scriveva Nelson Mandela. Ispirandosi a questo concetto di fratellanza e condivisione al di là di ogni barriera, nasce il progetto “Ubuntu” coordinato da Bruno Romano e da Serena Cerullo dell’equipe del Centro Diurno Lavori in Corso.
Nel laboratorio di riciclo si parte da materiali semplici e di scarto che possono trovare nuova vita e funzione attraverso l’arte e la creatività. “Ubuntu” utilizza la carta dei quotidiani e dei giornali pubblicitari (che spesso vengono cestinati senza mai essere consumati) per creare delle statue di carta che hanno le sembianze di bambole africane. Da semplici cannucce di carta si arriva a creare così uomini e donne (ma anche capanne e alberi) stilizzati, volti non definiti, tratti longilinei, abiti da colori accesi e pelle nera come il carbone.
Una nuova idea di salute mentale basata sull’integrazione col quartiere
“La passione del gruppo partecipante al laboratorio si è ben presto estesa a tutta l’equipe del CDR ed è nata l’idea comune di esporre i prodotti del laboratorio all’esterno e di farli conoscere al quartiere, ovvero nella Sanità che è di per sé un centro artistico e multiculturale – spiegano i coordinatori – Attraversare il quartiere ed uscire dal centro diurno con le nostre bambole significa integrarsi nella comunità, farsi portatori di una conoscenza e di una modalità di stare insieme”.
Da qui è nata l’idea di esporre e vendere le bambole del progetto “Ubuntu” all’interno del negozio etnico dello stesso Giovinetti (proprio accanto al suo bar) che ospita oggetti e indumenti provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa. I ricavi saranno reinvestiti per l’acquisto di strumenti per il laboratorio e per l’organizzazione di eventi ludici rivolti ai partecipanti dello stesso laboratorio.
Per informazioni e prenotazioni: https://www.facebook.com/ubuntu.cdr/
L’autrice dell’articolo, Maria Nocerino Sociologa e giornalista pubblicista, è specializzata nel giornalismo sociale. Collabora con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca.
FONTE: napoli click