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La pandemia Covid 19, ha posto al centro dell’attenzione, forse per la prima volta in maniera così coinvolgente, l’importanza della salute mentale e dei servizi per la sua tutela nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Il cambiamento radicale degli stili di vita, lo sconvolgimento delle relazioni sociali, il distanziamento fisico, hanno generato disorientamento e disagi, fino a veri e propri disturbi della sfera psico-affettiva, anche in molte persone “normali”. Tanto più ciò è avvenuto nelle persone definite “più fragili”: non solo coloro che hanno già un disturbo psichico, sempre fra i primi ad essere emarginati e scartati, ma anche i poveri, i bambini e gli anziani, i giovani in via di formazione nella scuola o all’inizio della loro attività lavorativa e intere famiglie poste davanti a problemi nuovi e complessi.
Non c’è dubbio che la pandemia ha accentuato e drammaticamente messo in evidenza una crisi del SSN che, iniziata nei primi anni di questo secolo, è andata aggravandosi negli anni successivi con i tagli selvaggi delle risorse e il blocco del turn-over che hanno comportato una cospicua riduzione del personale (di circa il 50% nei Dipartimenti di Salute Mentale) già scarso ed hanno accompagnato un ferale processo di aziendalizzazione e di privatizzazione della Sanità in Italia. Tutto ciò non poteva che mettere ancora più in crisi i servizi di salute mentale, dei quali abbiamo più volte denunciato le carenze, determinando un ulteriore incremento degli esiti in cronicizzazione-istituzionalizzazione dei pazienti: soltanto nell’ambito di una visione globale dei problemi della mente e del corpo e quindi di un efficiente servizio sanitario pubblico è infatti possibile realizzare i complessi percorsi di prevenzione, di presa in carico e cura e di inclusione sociale e lavorativa delle persone con disturbo psichico-sofferenza mentale.
I firmatari del Manifesto per la Salute Mentale: “La cura nella Salute Mentale come valorizzazione della persona e difesa della democrazia”, A.Barbato, A.D’Elia, P.Politi, F.Starace, S.Thanopulos, denunciano con fermezza il ritorno alla logica dell’istituzione totale, l’uso eccessivo, inappropriato dei farmaci e richiamano tutte le forze riformatrici che considerano il pensiero e la prassi della cura psichica pubblica come strumenti critici di costruzione solidale e democratica della vita cittadina ad unirsi per opporsi alla controriforma in atto.
D’altra parte la gravità dell’attuale stato del SSN ha suscitato un vivace dibattito nel quale sono scesi in campo, tra gli altri, alcuni nuovi soggetti culturali e rappresentativi, quali l’Associazione “Salute Diritto Fondamentale”, espressione di utenti dei servizi, di rappresentanti delle professioni sanitarie e di esponenti politici di varia estrazione, e il “Forum Permanente sul Sistema Sanitario Nazionale nel post-Covid”, espressione di 12 importanti Società scientifiche oltre che di insigni rappresentanti delle università, i quali, sulla base di una spietata analisi delle carenze e dei limiti del Sistema Sanitario Nazionale ne propongono il rinnovamento per adeguarlo alle pressanti sfide della nostra era.
Si deve osservare che pur nella pertinenza e nella varietà, sul piano tecnico, delle proposte avanzate, stenta tuttavia ad emergere chiaramente una visione di insieme del Servizio sanitario e di tutte le sue competenze e di una piena integrazione dei comparti specialistici nel sistema Territorio- Ospedali in una prospettiva di largo respiro che inquadri nel contesto della realtà sociale ed economica del Paese la questione della salute della comunità e, in particolare, della salute mentale, forse il più importante dei problemi di salute pubblica; si possono leggere però , in filigrana, visioni talora legate a concezioni settoriali e financo corporative delle competenze e dei servizi e antiche contrapposizioni ideologiche che rischiano di ostacolare il necessario, radicale cambiamento delle teorie e delle prassi. Non ci sembra superfluo osservare che proprio per la natura così intrinsecamente complessa della mente umana , la scienza che se ne occupa, la psichiatria, si presta più di altre scienze a rappresentazioni ideologiche, a mistificazioni, a negazioni o ad esaltazione delle pratiche di volta in volta proposte e messe in atto.
Non si tratta peraltro di fare adesso una riforma della controriforma surrettiziamente attuata nel corso degli anni, ma soltanto di correggere alcuni evidenti stravolgimenti che hanno consentito l’aziendalizzazione e la privatizzazione selvaggia della Sanità e introdurre poche modifiche che consentano agli operatori sanitari di impegnarsi con serenità nello spirito della legge 180/78 o legge Basaglia, della legge 833/78 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale e dei Progetti Obiettivo salute mentale 1994 e 1998 (PPOO). L’adeguamento delle piante organiche dei DSM agli standard definiti nei PPOO è un adempimento essenziale per la dimostrazione di una reale volontà politica.
Purtroppo per attuare il cambiamento è necessario però compiere alcune scelte di fondo nella distribuzione delle risorse nella collettività e rimuovere dalle radici gli ostacoli strutturali che impediscono di stanziare le dovute risorse per il SSN e per i servizi di salute mentale. Solo spostando il dibattito su questo scabroso terreno sarà possibile affrontare il vero nodo del problema.
Occorre inoltre realizzare un migliore coordinamento Governo-Regioni degli indirizzi sanitari correggendo alcune anomalie manifestatesi nel corso della pandemia (vedi modifiche al titolo V della Costituzione, legge costituzionale n. 3 del18 ottobre 2001) e garantire la partecipazione informata ed attiva ai processi di trasformazione di tutti i protagonisti, operatori sanitari, amministrativi, utenti dei servizi coinvolti, ecc. recuperando una dimensione che consenta di coniugare le pratiche con le premesse di ordine scientifico, etico e ideologico. Non c’è dubbio infatti che ogni cambiamento strutturale o organizzativo necessita di una adeguata sperimentazione sul campo, di un attento monitoraggio e del riscontro critico di tutte le parti interessate.
La ricostruzione di un Dipartimento di salute mentale per la prevenzione, la presa in carico globale, la inclusione sociale e lavorativa delle persone con disagio psichico-sofferenza mentale non potrà realizzarsi se non attraverso un impegno collettivo nell’ambito di un Servizio sanitario nel quale il superamento delle barriere e la integrazione delle competenze nell’esercizio quotidiano del lavoro di équipe sia un habitus mentale e non un optional.